Andando dritti al sodo, il punto forte di Blacksad: Under the Skin è indubbiamente, e abbastanza chiaro, la caratterizzazione tipica del genere noir, con una storia inedita ambientata nell’omonima serie a fumetti. Alcune scene iconiche del genere ne sono un lampante esempio: “una donna attraente entra nell’ufficio di un detective privato”, oppure “alcune persone vengono rapinate nei vicoli bui” e ancora “una partita a poker con dei gangster” … Insomma, Blacksad: Under the Skin ha tutte le carte in tavola per essere un gioco non da poco. Sarà veramente così? Detto fatto. Scopriamolo assieme!
Il cuore nero della malavita newyorkese porterà al detective John Blacksad un mistero da risolvere. Uno scandalo di corruzione sarà solo la punta dell’iceberg in una New York anni ’50 dove, inoltre, la scomparsa di un ragazzo metterà alla prova le doti del nostro detective. In Blacksad: Under the Skin portare avanti le indagini sarà il vostro compito, che potrete adempiere anche grazie ai sensi felini. Prenderete decisioni per conto di John che influiranno sull’esito delle analisi svolte, nelle quali verranno definiti alcuni concetti demagogici sotto una nuova e corrotta luce.
Effettivamente, dopo poche ore di gioco, il tutto si presenta dannatamente lontano da quello che è il fumetto. Però, in mezzo a tutto ciò, non possiamo non citare la presenza – ingombrante – di Blacksad, l’investigatore – felino – privato. Un carico da novanta che sicuramente riesce (di peso) a prendere tutta la struttura del videogioco e portarla su, dove effettivamente (alla fine) merita di stare.
Come detto, la storia è autentica e, seppur a tratti poco coerente con alcune peculiarità degli anni ’50, il risultato – andando avanti – è molto convincente. La bellezza e la capacità di scrittura, associati alla possibilità di poter investigare quasi liberamente, riescono ad eludere alcuni piccoli limiti. Certo, Blacksad: Under the Skin non è sicuramente un gioco da graficona tripla A, questo soprattutto dovuto a questioni di budget… e basti pensare a Pendulo Studios e all’avventura grafica Runaway per capire di cosa sto parlando, ma tutto, e ripeto tutto, vi farà dimenticare questi piccoli aspetti che passano letteralmente in secondo piano.
Mettere in pausa e seguire i progressi fatti, tramite la possibilità di sfogliare un fumetto che racconta dove siete giunti al momento, sarà solo una delle tante sorprese presenti in Blacksad: Under the Skin. Il filo concettuale si muove assieme a quello che è poi un semplice gameplay che coinvolge senza mai eccedere. Ripetendomi, è chiaro che lo studio non punta a quello. Attenzione: semplicità non equivale e “non bello” anzi, in questo caso è la chiave di successo che vi stupirà e vi farà indubbiamente ingolosire portandovi ad avere ancora più attenzione durante il vostro percorso.
Anche le “notifiche” che inducono il vostro senso di giustizia (o il suo contrario) appariranno – in certi casi – nello schermo per indicarvi, in puro stile Telltale, e informarvi qualora abbiate tradito la fiducia di qualcuno, mentito o accettato bustarelle. Nulla sarà dovuto al caso e il tutto si esporrà chiaramente, con una serie di meccanismi che sono le fondamenta del genere avventura. Purtroppo, proprio in questo ambito, mancano alcuni perfezionamenti che avrebbero sicuramente portato Blacksad: Under the Skin al passo con gli ultimi anni. Tramite qualsiasi punto di accesso, potrete interagire con gli oggetti e analizzarli, raccogliendoli anche per usarli successivamente.
Potrete parlare con le persone e fare loro domande sui casi che state affrontando tenendo presente che non è un’interfaccia punta e clicca. Questi oggetti o persone con cui potrete interagire compariranno “solo” quando Blacksad si avvicinerà a loro. Ricordo che, all’incirca a metà del gioco, c’è una stanza completamente al buio da esplorare solo con uno accendino Zippo… Quindi il consiglio è quello di prestare molta attenzione ai dettagli e non correre come se foste inseguiti da un cane.
Diciamocelo chiaro e tondo: non potrete ignorare nulla di Blacksad. Non potrete velocizzare i dialoghi durante le conversazioni perché rischiate di perdere dettagli indispensabili, non potrete saltare i filmati durante la loro visione, e tante altre piccole non, volute, aggiunte che un po’ forzatamente vi aiuteranno ad essere attenti. In Blacksad: Under the Skin sarete costretti a muovervi al suo ritmo, che vi assicuro non essere uno dei più veloci e, nonostante sia molto affascinante e intrigante, può essere in certi termini anche angosciante.
Fortunatamente il ritmo aumenta leggermente quando le indagini procedono attraverso gli interrogatori. Avrete una sorta di ruota della conversazione divisa in due verità: le prime sono domande che consentono a John di avere un’idea su quanto possa saperne della questione l’interrogato, le altre consentiranno a Blacksad di dire, tramite congetture attinenti alle situazioni, quello che il nostro detective pensa realmente. A seconda dell’utilizzo (a tempo) che ne farete, caratterizzerete il personaggio. Una sorta di poliziotto buono, poliziotto cattivo, ma in versione singola.
Spesso le conversazioni sono abbastanza tese, grazie al susseguirsi di domande e risposte limitate dal tempo dell’utilizzo, un aspetto che velocizza il ritmo e alza l’adrenalina. Vi troverete spesso in tensione come un muscolo, spesso mai del tutto sicuri, ma vi toccherà prendere una decisione anche in una frazione di secondo. Questa meccanica, man mano andrete avanti, vi ricorderà come avrete modellato il vostro personaggio. Ovvero, sarete consapevoli che il gioco stesso vi ricorderà ciò che avete detto e fatto precedentemente e, quindi, se sarete coerenti o meno con l’impronta che vorrete dare a John Blacksad.
Altre meccaniche più nuove vi aiuteranno. Per esempio i sensi felini: in alcuni momenti potrete attivare questa funzione e vedere il mondo che vi circonderà a rallentatore e in bianco e nero, conferendo allo styling stesso una prospettiva più drammatica e surreale. Immagino che abbiate sentito anche solo parlare della peculiarità dei gatti nel vedere, sentire, annusare cose che noi, poveri e tristi esseri umani, ignoriamo perché limitati. Ecco! Il senso di questa meccanica è proprio il medesimo.
Ciò che farà davvero la differenza in Blacksad: Under the Skin è la caratteristica non comune nei videogiochi ma presente in questo titolo, ovvero la struttura del gioco che aggiunge una sorta di indizi quasi vitali al fine narrativo, domande importati, ed altri elementi, che costruiranno una sorta di mappa mentale dove potrete combinare più esiti per avere più verifiche. Quindi potrete aggiungere qualcosa come particolari oppure suggerire un nuovo percorso investigativo. Effettivamente, a primo impatto, sembra quasi un’aggiunta per “svendere” un po’ il gioco rendendo le investigazioni più semplici, ma non si tratta assolutamente di questo caso. Ad esempio, quando avrete raccolto un certo numero di elementi, solo in quel momento potrete dedurre qualcosa. E questo non equivale ad aver risolto il caso, anzi.
In conclusione, “efficace e ottimo” sono i termini per descrivere Blacksad: Under the Skin. Nonostante il ritmo volutamente lento, la grafica un po’ ferma agli inizi anni 2000 e alcune incoerenze stilistiche non proprio fedeli agli anni ’50 in chiave noir, il gioco ne esce complessivamente bene. La storia, come tutta la meccanica investigativa, interrogatori compresi, è il punto di forza assoluto. Blacksad: Under the Skin funziona, ed è un solido gioco poliziesco, con la brillante trovata di poter “modellare” il comportamento di John in base alle scelte che verranno compiute durante la storia.. Un assolo di sax tra un metodo di indagine e un altro che vi avvolgerà con successo.
https://www.youtube.com/watch?v=KJNbDODUJo4