Il 4 Gennaio Netflix ha rilasciato la tanto attesa serie di Dracula, co-prodotta insieme a BBC e ideata da Steven Moffat e Mark Gatiss, i padri di Sherlock.
Ovviamente per quanto la miniserie creata dal duo Moffat-Gatiss sia basata principalmente sul lavoro di Bram Stoker, è inevitabile che il duo abbia omaggiato le altre versioni del Conte, da quella di Bela Lugosi del 1931, passando per quella di Christopher Lee nei film della Hammer e ovviamente anche la versione di Gary Oldman nel film di Francis Ford Coppola.
La serie si apre con Jonathan Harker (John Heffernan) incaricato dal suo studio legale di recarsi in Transilvania per permettere al Conte Dracula (Claes Bang) di ultimare gli acquisti di alcune proprietà in Inghilterra, in cui ha intenzione di recarsi. Durante la permanenza forzata il giovane Harker sarà prosciugato piano piano delle sue energie dal conte, che inizierà sempre di più ad acquisire vitalità per il suo viaggio. Durante la serie abbiamo modo di spostarci anche dal castello ed approfondire vari personaggi rivisitati per una nuova versione della storia del Principe dei Vampiri, dai suoi scontri con la stirpe dei Van Helsing e delle sue debolezze impossibili da credere vedere.
Parlare di questa serie è molto difficile, sopratutto perché in quanto è una miniserie contenuta, che racconta una storia completa e che non da modo a possibili seguiti. Ci sarebbero innumerevoli elementi da analizzare, sopratutto perché i due autori della serie hanno preso tutto quello che caratterizza il Dracula dei romanzi e le varie interazioni del personaggio fondendole in un solo personaggio, dando così l’idea di trovarsi di fronte non ad un personaggio di fantasia, ma al vero mito che finalmente arriva davanti ai nostri occhi nella sua interezza e con tutte le sfumature che lo hanno reso celebre, dal suo aspetto all’inizio della serie, che cita allo stesso tempo il romanzo ed il film di Coppola, fino alla maturazione che lo porta ad assomigliare ad un incrocio tra il conte di Bela Lugosi (sopratutto quando attacca) e quello ammaliante e fiero di Christopher Lee. Fin dai primi minuti ci troviamo di fronte un Dracula aristocratico e invecchiato che sta tendendo la sua trappola al giovane Harker, per poi trasformarsi in un ammaliante rampollo della Transilvania davanti agli occhi del suo avvocato, vediamo dunque il passaggio dal classico mostro descritto da Bram Stoker a principe dei vampiri che troviamo sopratutto noto grazie ai film della Hammer interpretati in larga parte da Lee, grande attore teatrale, che ha proprio reso celebre la teatralità del personaggio al cinema e non solo.
Le interpretazioni sono tutte ottime, gli attori Inglesi seppur pochi sono sempre calati nelle parti che interpretano, sapete “in Inghilterra hanno quattro attori, due set e un ombrello”. Claes Bang che interpreta il Conte ha il compito di sorreggere gran parte della miniserie sulle sue spalle essendo la sua storia e la sua leggenda a venire qui riscritta e lo fa con una maestria invidiabile, non si riesce a rimanere non coinvolti dalle tribolazioni di questo malvagio e affascinante essere, che sa sbranarti anche con nobiltà. Gli altri attori, a partire da Heffernan eseguono tutti benissimo il loro lavoro, ma svetta su tutti Dolly Wells che ha forse uno dei ruoli più difficili di tutta la miniserie, avendone ben due. D’altronde alla donna viene affidato il ruolo della forte donna acculturata ed in aperto contrasto al conte, ruolo non facile, dovendo resistere alle avance dell’oscurità e affidandosi ad una fede che sembra ormai non appartenerle più dopo tutti i suoi studi sull’occulto. Probabilmente aver avuto così pochi personaggi in scena, tra cui anche Gatiss, che qui come al solito fa una sorta di spalla comica al suo padrone, Dracula, ha aiutato nettamente la riuscita della serie, che colpisce proprio per il collegamento quasi immediato che si ha sia con il protagonista che con le sue vittime.
I due creatori hanno anche il tempo di analizzare dal loro punto di vista alcuni dei topos più interessanti legati ai vampiri: quello che li vede non poter entrare in un luogo se non invitati, quello che li vede come esseri che non possono specchiarsi o ancora quelli più letali come la luce del sole e il crocefisso. Ognuno di questi elementi trova un nuovo scopo in questa versione, che unisce le leggende e la verità storica presa come spunto da Stoker nel romanzo e da tutte le successive rappresentazioni. D’altronde ogni leggenda ha un fondo di verità e così come le leggende ad un certo punto le bugie, dopo che le hai ripetute abbastanza volte iniziano a diventare verità per te e questo ritorna più volte nei tre episodi dando una nuova tragicità al personaggio del conte.
La miniserie curata da Moffat e Gatiss non si limita ad essere una rivisitazione del romanzo di Bram Stoker e a citare tutte le incarnazioni del Conte ma è anche un ottimo prodotto che può essere apprezzato a sé stante e che mette finalmente in risalto tutti quegli elementi quasi romantici della figura del Conte Dracula, che molte trasposizioni o enfatizzavano poco o dimenticavano. Di fatto questa versione nelle sue 4 ore e mezza è la definitiva rinarrazione di un mito horror che attraversa i secoli e l’immaginazione di miliardi di persone e approda nel nuovo decennio con una vitalità difficile da trovare in prodotti che di fatto sono stati pensati originariamente per un’altra epoca; Inoltre il lavoro operato da Claes Bang è esemplare, l’attore è riuscito a coadiuvare tutto il fascino e l’orrore del conte in una sola interpretazione dando la versione più emozionale del principe dei vampiri e trasformando tutti noi spettatori in suoi sudditi.