Finalmente debutta il secondo volume di Love, Death & Robots, la popolare serie antologica animata di Netflix che vede tra i produttori David Fincher e Tim Miller, quest’ultimo regista di Deadpool. Prima di addentrarci in questa seconda stagione, facciamo un passo indietro.

Love, Death & Robots è una serie animata antologica che presenta in ogni episodio uno stile di animazione differente ed una storia inedita, curata interamente da un team più o meno conosciuto di animatori. La serie nasce da un’idea di David Fincher e Tim Miller: il duo era deciso a sviluppare un remake di Heavy Metal, film composto da episodi ed ispirato all’omonima rivista a fumetti statunitense. Dopo aver ricevuto diversio rifiuti dal 2008 al 2016, in seguito al successo di Deadpool di cui Miller era regista, il duo riesce a portare l’idea a Netflix, che mette in produzione la serie, che al momento conta due stagioni. Love, Death & Robots debutta a Marzo 2019 con una prima stagione (volume) composta da 18 episodi che duravano da un minimo di dieci minuti ad un massimo di venti. Ogni puntata presentava uno stile diverso e diversi animatori al lavoro sia sulla storia che sull’animazione e così ogni puntata, di fatto, faceva da porta su un mondo diverso ed inquietante. Dopo due anni di attesa, ecco che debutta finalmente il secondo arco, composto da otto episodi contro i diciotto della prima stagione. Tuttavia, nel 2022 dovrebbe arrivare il terzo volume della serie, come annunciato recentemente.

Era davvero difficile riuscire a bissare il successo della prima stagione, soprattutto per l’assenza dell’effetto sorpresa: ci piacerebbe poter dire che la missione è stata un successo, ma non è andata proprio così. Questa seconda stagione, per quanto sperimentale, così come la prima, nella quale alcuni episodi erano veri e propri esercizi di stile, elemento assolutamente accettabile (e anzi, considerabile anche un pregio) in una serie del genere, non riesce ad inserire trame degne di tale nome, portando spesso lo spettatore a chiedersi cosa stia guardando. Quello che, in un certo senso, rendeva unica la prima stagione, ossia una commistione di generi e qualcosa per tutti, insieme a prodotti di grande intrattenimento, qui viene in parte a mancare. Infatti, a livello di intrattenimento questa seconda stagione è abbastanza deludente: per quanto più breve e con un budget decisamente maggiore, mancano quegli elementi e quella diversificazione che si aveva nella prima stagione. Durante la visione in redazione ci siamo fatti l’idea che questi otto episodi fossero molto più una sorta di anticipazione della vera e propria stagione due, che doveva essere ben più lunga, quasi quanto la stagione uno probabilmente e che invece, per venire incontro ai fan, è stata spezzata e verrà così rilasciata in due parti, una adesso ed una nel 2022. Insomma, quella che era considerabile un’arma a doppio taglio si è confermata esserlo. Ma per parlare meglio di questi particolarissimi corti è il caso di vederli uno ad uno. Dunque iniziamo!

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Love, Death & RobotsIl primo episodio è diretto dal gruppo Meat Dept (Kevin Dan Ver Meiren, David Nicolas, Laurent Nicolas) e prodotto da Atoll Studio, e presenta uno stile di animazione molto particolare che mischia un bizzarro character design degli umani, che risultano grotteschi e deformati, ad uno stile degli ambienti più soft e armonioso. Per quello che riguarda la trama siamo di nuovo di fronte ad uno scontro tra uomo e macchina, in cui una signora anziana si trova insieme al suo cane a dover fronteggiare un robot domestico che, a seguito di un malfunzionamento, inizierà ad attaccarli. Insomma, un buono incontro tra I Mitchell contro le Macchine, pellicola animata recentemente approdata su Netflix, e Black Mirror. Un corto dalla durata di una decina di minuti molto divertente e che intrattiene fino alla fine ed in qualche modo potrebbe dare il via a qualche seguito in futuro, magari con lo stesso stile che stranamente funziona bene anche nelle scene d’azione.

Ghiaccio

Ghiaccio è sicuramente l’episodio su cui avevamo le aspettative più alte, questo perché è diretto da Robert Valley, già regista di Zima Blue, uno degli episodi più memorabili della prima stagione di Love, Death & Robots, e prodotto da Passion Pictures. Lo stile d’animazione si mantiene sulla stessa linea di quello di Zima Blue, che ricorda molto una particolare la fusione tra lo stile di Genndy Tartakovsky, creatore di Samurai Jack, e quello degli anime Giapponesi e vede dei personaggi particolarmente stilizzati, quasi da shonen anime, ma immersi in un mondo crepuscolare. La trama segue due fratelli, uno potenziato come tutti gli abitanti del pianeta e l’altro che non lo è e che quindi si sente escluso da tutti. Una sera, i due, insieme ad alcuni amici, si avventureranno nei ghiacci alla ricerca di una sorta di balena, un’avventura pericolosa per tutti. Viste le aspettative dettate dal magnifico Zima Blue, questo Ghiaccio è forse la delusione più cocente di questo secondo volume. Stiamo pur sempre parlando di una puntata stilisticamente molto valida ma che non riesce ad intrattenere e sorprendere come aveva fatto l’episodio della scorsa stagione.

Pop Squad

Love, Death & RobotsDiretto da Jennifer Yuh Nelson (regista di Kung Fu Panda 2) e prodotto da Blur Studio, con uno stile di animazione 3D, si ambienta in un mondo futuristico dove le persone non muoiono ma vivono per sempre. All’inizio del corto sembra che stiamo seguendo un detective indagare su un crimine, ma ben presto ci accorgiamo che la situazione è ben diversa; in questo futuro, la polizia si occupa di dare la caccia alle famiglie che procreano in quanto è illegale a causa alla longevità della popolazione. Il nostro protagonista però, per quanto sia stato un buon soldato fino ad adesso, con la vecchiaia e con tutto quello che ha visto non riesce più ad essere capace di fare il proprio lavoro, si fa continue domande sul suo operato e si chiede cosa ci sia di così fantastico nel generare una nuova vita in questo mondo. La puntata a differenza di quelle precedenti, non solo presenta una trama ma anche una bellissima riflessione, “è giusto procreare in questo mondo?”, una domanda che non ci facciamo mai troppo spesso. Registicamente ed a livello di intrattenimento questo è senza dubbio il miglior episodio di questa seconda stagione di Love, Death & Robots, allo stesso livello di episodi memorabili del primo volume come La Testimone, Buona Caccia, Oltre Aquila e il già citato Zima Blue.

Snow nel deserto

Love death & robotsDiretto da Leon Berelle, Dominique Boidin, Remi Kozyra e Maxime Luere (già registi dell’episodio Oltre Aquila nella prima stagione) e prodotto da Unit Image, nel corto seguiamo Snow, un uomo che ha vissuto parecchi secoli e che si è allontanato dalla terra per vivere da solo ed in tranquillità. L’uomo però, che ha vissuto sulla terra prima dell’espansione spaziale, continua a voler prodotti della sua terra natia e così ogni volta che viene effettuata una consegna all’hub spaziale del pianeta si dirige per recuperare oggetti e cibi tipici della madre terra. Questa informazione purtroppo gira, ed un potente uomo assolda dei killer per recuperarlo e carpire il segreto dell’immortalità. Questo è il primo dei tre corti dallo stile super realistico che ricorda molto quello degli in-game footage di videogiochi tripla A come The Last of Us, Quantum Break, Hellblade: Senua’s Sacrifice e Detroit: Become Human. Stilisticamente molto bello da vedere ma poco sorprendente visto l’abuso che l’industria videoludica fa di questo determinato stile. L’episodio sembra una lunga cut scene tra una sezione di gioco e l’altra, con un’azione continua e molto gore per certi versi ma che, a parte la bellezza realizzativa e dell’azione, non lascia poi molto a fine visione.

L’erba alta

Love death & robotsDiretto da Simon Otto (responsabile dell’animazione dei personaggi della saga di Dragon Trainer) e prodotto da Axis Animation, “L’erba alta” è un corto horror in una tecnica particolarissima ed interessante. Nel corto seguiamo un pendolare che sta rientrando a casa da un viaggio, quando il treno si ferma a causa di un problema tecnico in mezzo al nulla. L’uomo scende dal treno per fumare una sigaretta ma, attirato da delle luci provenienti dai campi, nonostante il capo treno si fosse raccomandato di non farlo, si allontana e così per lui inizia la notte più inquietante della sua vita. Il corto dalle note lovecraftiane che, oltre ad omaggiare le atmosfere del grande scrittore dell’orrore, celebra HP Lovecraft ispirando alla sua figura le fattezze del protagonista, risulta ben girato, con uno stile che miscela sapientemente animazione e pittura. Questo è un episodio in grado di tenere la tensione per tutta la durata, non si staglia sugli altri come Pop Squad, ma riesce nella sua semplicità e linearità ad intrattenere lo spettatore, cosa che non tutti gli episodi di questa stagione riescono a fare.

Era la notte prima di Natale

Diretto da Elliot Dear e prodotto da Blink Industries, questo corto rappresenta l’idea più sprecata dell’intera antologia. E’ la notte prima di Natale: Leah e il fratello più piccolo sentono dei rumori venire dal piano terra. I due, supponendo che sia Babbo Natale, si dirigono di sotto per vederlo ma quello che li aspetta è molto più inquietante di un vecchio uomo vestito di rosso con la barba. I due si troveranno di fronte al vero essere dietro a Babbo Natale, rimanendo scioccati. Il regista di questo corto, il più breve fin ora (soli 4 minuti escludendo la sigla e i titoli di cosa), prende un’idea potenzialmente interessante e non la sfrutta a dovere. Questo è senza dubbio un episodio che avrebbe meritato un minutaggio più elevato, si sarebbe potuto giocare maggiormente con il vedo e non vedo, per poi far precipitare i bambini nell’orrore insieme allo spettatore. Un’occasione sprecata, soprattutto considerando il particolare stile scelto per questo corto, ovvero una CGI che emula la stop-motion.

La cabina di sopravvivenza

Love death & robots

“La cabina di sopravvivenza”, diretto da Alex Beaty e prodotto da Blur Studio, è il secondo episodio in stile ultra realistico di questa stagione e vede come protagonista il noto attore Michael B. Jordan (Black Panther, Creed). In seguito ad un brutto atterraggio su un pianeta roccioso, un pilota spaziale si reca in una cabina di salvataggio in attesa dei soccorsi. Il luogo sicuro si trasformerà rapidamente in un posto ostile quando, in seguito ad un malfunzionamento del sistema, il robot quadrupede della stazione inizierà ad attaccarlo rilevando come una minaccia. Nonostante l’ottimo lavoro di motion capture fatta sul volto di Michael B. Jordan e i palesi rimandi ad Alien, questo risulta essere l’episodio più freddo, scontato e inconcludente dell’intera tranche di puntate. Come “Snow del deserto” anche questo episodio, pur essendo realizzato con grande minuzia, non riesce a stupire poiché utilizza uno stile d’animazione fin troppo inflazionato e per nulla sperimentale. In una sola parola: insipido.

Il gigante affogato

A concludere questo secondo volume della serie antologica ci pensa uno dei produttori in persona: Tim Miller insieme alla sua casa di produzione Blur Studio, che aveva già diretto l’episodio “L’era glaciale” nel primo volume. Come la prima stagione, che si chiudeva con lo splendido Zima Blue, anche questa seconda stagione si chiude in bellezza con “Il Gigante annegato”. Questo episodio, tratto dall’omonimo racconto di J.G. Ballard, è un lungo monologo del protagonista, interpreto dal noto attore teatrale e narratore Steven Pacey, generato dal ritrovamento del corpo di un gigante sulla riva del mare. Un essere mitologico si materializza come per magia dinnanzi agli occhi dei curiosi e per il nostro protagonista, uno scienziato venuto sul luogo per degli accertamenti, è il momento adatto per riflettere sul senso della vita, sulle tendenze, sul segno che le nostre azioni lasciano nelle vite altrui, e ancora lo scorrere del tempo, il destino ed in nostro ruolo all’interno di esso. Tante tematiche alte inserire in un episodio poetico e profondamente filosofico, arricchito da una regia precisa e ispirata, ricca di inquadrature evocative e mai banali. Lo stile dell’episodio è in linea con quello di “Snow del deserto” e “La cabina di salvataggio”, dunque fotorealsitico, ma riesce comunque a risultare interessante, perché arricchito da ottimi movimenti di camera e da una narrazione che crea un perfetto connubio tra parole, musica e immagini.


In definitiva però questa seconda stagione di “Love, Death & Robots” non si è purtroppo dimostrata in grado di reggere le alte aspettative del pubblico e nemmeno le nostre. Non nascondiamo che probabilmente il numero di episodi abbia inciso negativamente sulla serie, infatti, per quanto ogni episodi fosse interessante anche preso a sé, nella prima stagione ne abbiamo avuti 18, di cui solo 8/9 davvero memorabili, similmente in questa seconda stagione siamo nella stessa situazione ma con meno della metà degli episodi e questo decisamente appesantisce il giudizio. Inoltre, proprio il fatto stesso che il terzo volume è già previsto per l’anno prossimo, viene quasi da pensare che proprio questo sia solo un assaggio di un pacchetto di episodi più ampio che è stato diviso in due tranche più per volere dei fan che per necessità della produzione o del team dietro alla serie. La stagione comunque non è da buttare, ci troviamo comunque di fronte a prodotti animati sperimentali e profondamente artistici, molto distanti dalle normali produzione di questo tipo, ma si poteva e doveva fare di più. Quello che notiamo, vuoi anche per il ridotto numero di episodi, è una sbilanciata selezione stilistica, che taglia fuori stili bizzarri ed eclettici come quelli di episodi della prima stagione tra cui “La Testimone”, “Il Succhia-anime”, “Buona Caccia” e “Alternative storiche”, favorendo in ben 4 degli 8 episodi uno stile 3D di stampo realistico, sicuramente impressionante, ma poco sperimentale e innovativo. Non ci resta dunque che attendere l’anno prossimo per vedere dove i produttori hanno intenzione di portare la serie, sperando di ritrovare gli elementi stilistici sperimentali e, soprattutto, variegati che ci avevano fatto innamorare della serie due anni fa. Nel frattempo dateci la vostra opinione su questo secondo volume della particolarissima serie animata antologica targata Netflix.


I primi 2 volumi di Love, Death & Robots sono ora disponibili su Netflix. Il terzo volume sarà invece rilasciato nel corso del 2022. Di seguito il trailer della seconda stagione della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Love, Death & Robots - Volume 2
6.9
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love-death-robots-volume-2-recensioneQuesta seconda stagione di "Love, Death & Robots" non si è purtroppo dimostrata in grado di reggere le alte aspettative del pubblico e nemmeno le nostre. Non nascondiamo che probabilmente il numero di episodi abbia inciso negativamente sulla serie, infatti, per quanto ogni episodio fosse interessante anche preso a sé, nella prima stagione ne abbiamo avuti 18, di cui solo 8/9 davvero memorabili. In questa seconda stagione siamo nella stessa situazione ma con meno della metà degli episodi e questo decisamente appesantisce il giudizio

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