Dopo la meritatissima nomination all’Oscar come miglior film internazionale con “È Stata la Mano di Dio“, Paolo Sorrentino torna al cinema con il suo nuovo lungometraggio, Parthenope, questa volta dedicato alla città che gli ha dato i natali: Napoli. Il film è una co-produzione Italia Francia, ed è prodotto in parte da Sorrentino attraverso la sua casa di produzione: Numero 10. Noi di RedCapes abbiamo avuto il piacere di vedere il film in anteprima e di seguito vi riportiamo il nostro parere.
Partenope è una donna che porta il nome della sua città, ma non è né sirena né mito. Seguiamo le vicende della sua vita attraverso i decenni, dagli anni 50 ai giorni nostri, tra Capri e Napoli.
Il cast di Parthenope è ricco di attori e attrici talentose, tra i quali spicca una nuova attrice emergente milanese qui al suo debutto cinematografico su grande schermo, Celeste Dalla Porta, che interpreta proprio Parthenope. Altro attore fondamentale è Silvio Orlando che qui veste i panni di Devoto Marotta il professore universitario di antropologia e tesista di Parthenope. Nel cast poi troviamo, Stefania Sandrelli che interpreta Parthenope da adulta, successivamente Isabella Ferrari e Luisa Ranieri che interpretano due dive del cinema rispettivamente Flora Malva e Greta Cool. Peppe Lanzetta interpreta il vescovo, ruolo minore, ma sicuramente ben sfruttato come critica del clero. Infine Gary Oldman interpreta il premio Pulitzer John Cheever e proprio le tematiche dei suoi testi si possono ritrovare, in parte, in Parthenope.
La regia di Sorrentino in questo film torna al suo classico stile fatto di manierismi che si fanno metafora del viaggio di Parthenope nella sua vita, un viaggio rappresentato proprio da una carrozza fin primi secondi del film. Sorrentino, dopo progetti come La Grande Bellezza, Youth e Loro, che nel bene e nel male hanno fatto parlare e il bellissimo È stata la mano di Dio, sicuramente più apprezzato dalla critica in quanto considerato il film più intimo del regista, con Parthenope torna a raccontare della sua Napoli come faceva nei suoi film degli inizi, qui dal punto di vista di una giovane donna. La regia di Sorrentino attraverso lo sguardo di Parthenope indaga Napoli, dalla parte più agiata della famiglia della protagonista fino alla controparte. L’immagine che Sorrentino crea per tutta una prima parte della pellicola è perfetta, patinata, forse troppo, creando l’effetto pubblicità di profumo…ma una bellissima pubblicità. La regia stessa fortunatamente tratta di malinconia sin dalle prime immagini e questo senso permea tutta la pellicola e i discorsi che si faranno su di essa. Una malinconia sorrentiniana.
La sceneggiatura è curata da Sorrentino stesso, una sceneggiatura che pecca, principalmente, nel secondo atto, non risultando proprio fluida ma funzionando molto bene nel primo e nel terzo. Inizialmente Parthenope ci viene presentata proprio come una sirena, esattamente come il mito, in due occasioni inizialmente come bambina che nasce tra le spume del mare e successivamente come ragazza che esce dal mare. Sorrentino crea quindi un bellissimo primo atto di apertura e successivamente un terzo atto di chiusura riflettendo con Parthenope, una volta cresciuta, sulla leggerezza dell’essere umano e della gioventù. il personaggio interpretato da Silvio Orlando è uno dei migliori nel film, figura chiave per Parthenope nei due atti citati. La sceneggiatura omaggia anche Bertolucci, volontariamente o meno.
La punta di diamante della pellicola sono sicuramente i costumi curata da Carlo Poggioli dove Anthony Vaccarello è stato il direttore artistico. Costumi dai colori sgargianti dei più disparati colori, dal rosso, giallo, bianco e arancione nella prima parte, la parte più felice e giovanile di Parthenope, mentre da colori leggermente più spenti nella seconda quando crescendo Parthenope diventa più istituzionale. Le scenografie, curate da Carmine Guarino e la musica curata da Lele Marchitelli si uniscono perfettamente, la musica arriva lì dove la scenografia non può e viceversa. La fotografia è curata dalla vincitrice del David di Donatello e Nastro D’Argento Daria D’Antonio che ha lavorato precedentemente con Sorrentino in È stata la mano di Dio, la sua fotografia crea un effetto magnifico che permea l’intera opera.
Parthenope vuole parlare di tanti argomenti ma principalmente parla di malinconia, una malinconia che Dalla Porta non solo porta su grande schermo ma lo diventa per tutta la durata del film. E insieme a lei ogni altro personaggio, come i suoi fratelli. Successivamente anche le personaggie di Luisa Ranieri e Isabella Ferrari sono intrise di questo sentimento, per motivi diversi, se Ferrari la dimostra con il bisogno di affetto la personaggia di Ranieri lo dimostra con rabbia verso Napoli e i napoletani stessi, dove si dimostra felice di aver abbandonato la città. Il film diventa quindi una costante critica all’essere umano in primis, per poi dividersi nelle varie critiche dalla diva all’uomo di Chiesa fino allo scrittore. Quando invece Parthenope entrerà nel mondo adulto si abbandonerà in parte questa sensazione di malinconia mentre nel finale vediamo esattamente questa contrapposizione con i giovani odierni che vivono la loro giovinezza napoletana a pieno nel 2023.
Parthenope quindi da sirena e città si trasmuta in donna, una donna che esplora Napoli nella sua interezza per la prima volta, e noi con lei. Si riscopre in un viaggio adolescenziale a Capri, una estate che cambierà la sua vita radicalmente, una estate fondata sulla giovinezza malinconica, argomento trattato tra Parthenope e il personaggio di Gary Oldman. Essendo una donna Parthenope subisce anche tutto il maschilismo dell’epoca, dove le si tenta di imporre il concetto di maternità e la si sminuisce in quanto donna. Gli uomini la vedono come unico oggetto erotico, tutti stereotipi che Parthenope nel corso della pellicola annienta con la sua carriera universitaria e non solo. L’unico uomo a starle vicino è proprio il suo professore e tesista, l’unica persona che crede in Parthenope e nelle sue capacità tanto da fidarsi. L’unica persona che non tenterà di sessualizzarla o sminuirla ma l’unica persona che la vedrà per quello che è.
Parthenope quindi è un film meno intimista rispetto a È stata la mano di Dio per Sorrentino ma è allo stesso tempo un ritorno alle origini cinematografiche con Napoli sullo sfondo. Sorrentino con questa opera non si è disinuito ma si è reintegrato nella sua idea di cinema degli inizi.
Parthenope di Paolo Sorrentino arriva al cinema a partire dal 24 ottobre. Ecco il trailer italiano del film: