Come si supera un forte trauma? Come si ritorna alla vita di tutti i giorni, dopo essere passati in mezzo all’inferno? E’ possibile non rimpiangere il passato vivendo il presente? Come si ripara la coppa dell’olio di una DeSoto del 1952?
A queste domande (beh, a parte l’ultima, credo…) non c’è una risposta precisa, quasi ognuno di noi ha vissuto il proprio “inferno personale” così come ne ha trovato una personale via d’uscita (o almeno, lo spero). Ciò significa che, a prescindere dalla comodità della spalla su cui andate a piangere di solito e dalla bontà dei consigli della persona a cui appartiene la suddetta parte anatomica, non esistono massime o aforismi in grado di far sparire i vostri demoni all’istante. La “via di casa”, purtroppo, dovete trovarvela da soli (parlo per esperienza eh).
Per quanto lo spettro emotivo possa essere analizzato a fondo e per quanto ciò possa divenire oggetto di pubblicazione, non troverete mai un volume in grado di spiegarvi come convivere con le vostre emozioni. Questo, ovviamente, escludendo qualsiasi cosa sia uscita dalla penna di Terry Moore.
“Quello che la maggior parte delle persone non sa riguardo amore, sesso e relazioni interpersonali riempirebbe un libro. Strangers in Paradise è quel libro.“
Neil Gaiman usò questa frase per lodare l’opera prima dell’autore di “Motor Girl“, una nuova, toccante e pazza storia che corre sulla linea sottile che divide l’accettazione del dolore dalla negazione dello stesso, in favore di una falsa positività fatta di quotidianità, caldo, rottami e… beh, gorilla parlanti…
Sam (la protagonista) e Mike (il gorilla parlante) vivono e lavorano nello sfasciacarrozze di una piccola e assolata cittadina del Nevada. Sam, reduce da suo terzo turno in Iraq, usa il lavoro come scusa per posticipare il rientro a casa per il quale, l’ex marine, non si sente ancora pronta.
La procrastinante quiete dei due meccanici è però destinata a finire: Libby, la proprietaria dello sfasciacarrozze, ha ricevuto una generosa offerta da un certo signor. Walden, più che mai intenzionato a comprare il terreno su cui sorge la proprietà.
Ciò di certo finirà per rompere la quotidianità di Sam e Mike, ma non interesserà i due tanto quanto ciò che avvenne la notte successiva all’offerta di Walden: un UFO in avaria si schianta nel bel mezzo dello sfasciacarrozze di Libby.
Confusi? Davvero?! Insomma, Mike è un gorilla parlante che fa il meccanico in Nevada, ma voi rimanete spiazzati da un UFO che si schianta in mezzo a dei rottami di automobili… si, probabilmente lo scopo di Moore era esattamente questo: confondere mischiando il più possibile la realtà con l’illusione.
Motor Girl è la storia di una fuga dalla realtà che avviene sia sul piano reale che su quello immaginario, tuttavia, la distanza che separa queste due condizioni è così sottile da essere impercettibile. Sfido chiunque a capire quanto di ciò che Sam ha vissuto fosse reale e quanto invece fosse frutto della sua immaginazione. La vera domanda da porsi, però, è un’altra:
ha importanza capirlo?
La riflessione di Moore, sull’importanza dell’affrontare i nostri demoni, non ha come fine ultimo quello di darci una risposta o un “deus ex machina” in grado di risolvere ogni nostro problema. L’autore ci vuol far riflettere sull’importanza del prendere una decisione difficile e su come il procrastinare possa farci perdere di vista il motivo per il quale fatichiamo a fare una scelta, fino a confondere la realtà con una fittizia situazione di quiete ed equilibrio. Il rischio, quindi, è di rimanere bloccati tra il voler agire e il non voler far nulla, rimanendo in attesa di un inevitabile tracollo.
Motor Girl fa riflettere, Motor Girl fa ridere, Motor Girl fa piangere, Motor Girl ci fa sentire umani circondati dai rottami di un passato così lontano da sembraci alieno ma, nel contempo, ci è familiare, tanto da non farcene allontanare.
Motor Girl va letto.
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