Questo venerdì termina la seconda stagione di The Boys, serie tv creata da Seth Rogen ed Evan Goldberg, che vede Eric Kripke come showrunner; scopriamo insieme se questa nuova stagione dello show di Amazon Prime Video è stata in grado di replicare il successo della prima. Il secondo blocco di episodi è sempre il più complicato per una serie di successo, e anche questo nuovo arco narrativo delle avventure di Butcher & co. ha subito la sue buona dose di critiche, anche a causa della scelta di operare una distribuzione settimanale decisamente sofferta dai fan.

La seconda stagione di The Boys riprende alcuni mesi dopo la fine della prima con i nostri protagonisti, Hughie (Jack Quaid), Frenchie (Tomer Kapon), Latte Materno (Laz Alonso) e Kimiko (Karen Fukuhara), diventati dei veri e propri fuorilegge dopo che sono stati accusati di essere i responsabili, insieme a Billy Butcher (Karl Urban), dell’omicidio di Madelyn Stillwell (Elisabeth Shue). Nei nuovi episodi vedremo i nostri “ragazzi” avere a che fare non solo con le forze dell’ordine ma anche con Patriota (Antony Starr) e i Sette, mentre la minaccia dei super terroristi è arrivata in America. Come se non bastasse, i Nuovi Sette possono contare sulla forza di un nuovo potente membro, Stormfront (Aya Cash), le cui intenzioni sono tutt’altro che chiare. Nel mentre, la Vought sta spingendo per aumentare la presenza dei propri supereroi nelle operazioni governative all’interno degli USA e nel mondo. Tutti i personaggi, dopo una stagione di presentazione, continuano a seguire le proprie missioni: Butcher cerca la verità su Becca, mentre Hughie e Starlight, sempre più complici, stanno svelando i segreti della Vought. In tutto questo, Patriota deve affrontare le conseguenze della fiducia persa in lui dalla Vought e la “rivalità” con la nuova arrivata Stormfront.

Nella seconda stagione, essendo il gruppo di Butcher ricercato, i nostri “antieroi” resteranno spesso nell’ombra, utilizzando per lo più Starlight per portare avanti le proprie mosse. Questo porterà ovviamente a mettere al centro della narrazione, a causa della relazione tra Annie e Hughie, il complesso rapporto tra il giovane e Butcher, il suo essere in un certo senso malato, soprattutto quando sapremo finalmente qualcosa in più sulla vita di Billy prima di diventare quello che conosciamo. La chimica tra Jack Quaid e Karl Urban è fenomenale, e ne beneficiano enormemente i due personaggi. Nel corso della stagione, infatti, saranno protagonisti di un’evoluzione decisamente importante nel loro rapporto, soprattutto per quanto riguarda la parte dello scorbutico e carismatico leader dei Boys, che dovrà, a modo suo, accettare la presenza di Starlight nella vita del suo giovane collega.

Starlight, interpretata splendidamente da Erin Moriarty, assume un ruolo, come dicevamo, se possibile ancora più centrale rispetto alla scorsa stagione, dimostrandosi una spina nel fianco molto più importante per la Vought degli stessi “Boys”. Patriota, dopo la scoperta del segreto della multinazionale, non si troverà in una posizione stabile e questo porterà lo spettatore a scoprire ulteriori lati malsani della complessa e complicata personalità del super più potente del mondo. Ad aggravare il tutto ci penserà poi l’entrata in scena di Stormfront, che tirerà fuori ancora di più il carattere represso, repressivo e violento del “supereroe”; Antony Starr si conferma sempre fenomenale, dando vita, anche in questa stagione, ad uno dei villain meglio riusciti del piccolo schermo, e non solo.

Un ruolo centrale spetta, come detto, alla new entry della seconda stagione, Stormfront, interpretata da una convincente Aya Cash: il personaggio, oltre a ricoprire un ruolo centrale nelle vicende della stagione, viene ottimamente utilizzato per raccontare il tipico metodo di comunicazione di una particolare tipologia di destra, quella più populista che, attraverso un sapiente uso delle meccaniche social e della creazione di un nemico ad hoc da dare in pasto al pubblico e all’elettorato, riesce a raccogliere consensi decisamente entusiasti e ad ingrossare le proprie fila. Alcune scene di questa stagione, con i comizi di Stormfront e Patriota, non possono non ricordare troppo da vicino quelli di politici piuttosto noti, da Matteo Salvini a Donald Trump, per citare due dei nomi più immediati che possono venire in mente guardando determinate scene.

Ovviamente, questa seconda stagione di The Boys, per quanto dia ampio spazio ai due super più pericolosi del mondo, non dimentica certo gli altri personaggi: Queen Maeve, già palesemente in crisi durante i primi episodi, nei nuovi episodi muove decisi passi avanti verso qualcosa di simile ad una redenzione, seppur non tutto vada come previsto, anzi.
A-Train, reduce dai problemi di dipendenza del composto V, si troverà in una posizione decisamente scomoda, che lo porterà ad avere a che fare con Abisso, anch’egli in cerca di rivalsa per ritrovare un posto nei Sette. Il personaggio, con la Chiesa della collettività, organizzazione decisamente poco limpida ed ispirata intenzionalmente a Scientology, che si muove nelle retrovie e che, giocoforza, avrà un ruolo decisamente importante negli eventi futuri.

Se nella prima stagione avevamo bisogno di conoscere il mondo in cui si muovevano i personaggi, la seconda può permettersi invece di dare più spazio ai personaggi più “cattivi” e normali di questo mondo, come i membri della Vought, tra i quali spicca, sia per scrittura del personaggio che per la caratura dell’interprete, Stan Edgar (Giancarlo Esposito), un umano in grado di tenere testa, con il puro carisma, a Patriota, o come Victoria Neumann, senatrice che ha una sua agenda politica ma che sembra allinearsi con quella del gruppo guidato da Butcher.

Nella prima stagione di The Boys erano palesi i riferimenti e la presa in giro della moda cinecomics che imperversa ad Hollywood. Stavolta la serie rincara la dose, soprattutto nel quinto episodio, che scimmiotta palesemente il film Justice League di Zack Snyder (e Joss Whedon), episodio ambientato per gran parte sul set del film con protagonisti i Sette. Insieme alla pesante critica a questi franchise, è criticato, esattamente come nella prima stagione, il mondo dello spettacolo, che costruisce personaggi da dare in pasto al pubblico, modificando in corsa l’immagine di un personaggio per sfruttare nuove tendenze: Queen Maeve, ad esempio, passa da donna forte a fianco di un uomo forte al fare coming out sulla propria sessualità, con la Vought che, abilmente, modifica in corsa la propria campagna di marketing cercando di sfruttare la “popolarità” (virgolettato oltremodo d’obbligo) dei movimenti che chiedono parità di diritti e trattamenti per qualsivoglia sesso e orientamento sessuale.

Questa seconda stagione di The Boys ricorda, per certi versi, quanto visto nella strepitosa Watchmen di HBO: come Damon Lindelof, Kripke utilizza come “scusa” la sua serie per trattare in maniera caustica e parzialmente approfondita quella che è la situazione socio politica attuale, con populismo e discriminazione che prendono piede in maniera preoccupante, dietro a sorrisi di facciata e finti patriottismi. Siamo di fronte quindi, ad un arco di episodi che prende ancora di più le distanze dal materiale originale, consegnando un prodotto che prende tutto quello che funziona dell’opera di Ennis e Robertson e portandolo nel presente, senza dimenticarsi comunque dell’esagerazione e della violenza inaudita che deve segnare ogni progetto di Ennis e dunque anche ogni sua trasposizione.

Questa seconda stagione di The Boys, seppur nelle prime puntate possa sembrare lenta, inizia, a partire dal quarto episodio, una veloce degenerazione che porta i nostri ragazzi e i super a ripetuti scontri e colpi bassi, oltre che ovviamente pesanti critiche al sistema capitalistico della Vought e di riflesso alle corporazioni che stanno spolpando le icone pop, forti IP nel sistema economico made in USA. Non dobbiamo quindi nasconderci dietro ad un dito: questa è l’America di Trump mischiata al fumetto di Garth Ennis, e questa seconda stagione di The Boys si dimostra ancora più moderna ed attuale della prima, pur mantenendo, ovviamente, la sua natura di intrattenimento televisivo: Eric Kripke riesce quindi nuovamente a far incazzare parecchie persone con rappresentazioni poco edificanti verso alcune categorie professionali e alcuni “simp”, senza essere retorico, ma intrattenendo bene il pubblico mentre cerca di farlo riflettere.

RASSEGNA PANORAMICA
The Boys Stagione 2
8
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Sono Luca, fin da piccolo mi sono interessato ai fumetti e successivamente alle serie tv, quando mi è stata data la possibilità di parlare delle mie passioni mi sono ficcato in questo progetto. PS: Ryan Ottley mi ha chiamato Tyrion non ricordandosi il mio nome.
the-boys-stagione-2-lamerica-ai-tempi-della-vought-recensioneLa seconda stagione di The Boys, dopo un inzio che può sembrare lento, inizia una veloce degenerazione che porta i nostri ragazzi e i super a ripetuti scontri e colpi bassi: le vicende fanno da sfondo ovviamente alle pesanti critiche al sistema capitalistico della Vought e, di riflesso, alle corporazioni che stanno spolpando le icone pop, forti IP nel sistema economico made in USA. Non dobbiamo quindi nasconderci dietro ad un dito: questa è l’America di Trump mischiata al fumetto di Garth Ennis, e questa seconda stagione di The Boys si dimostra ancora più moderna ed attuale della prima, pur mantenendo, ovviamente, la sua natura di intrattenimento televisivo

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