Dopo sei settimane è volta al termine The Falcon and The Winter Soldier, seconda serie tv del Marvel Cinematic Universe approdata su Disney+ come parte della programmazione originale Marvel del servizio della casa di Topolino. Vediamo insieme come questa serie ha colmato il vuoto lasciato da WandaVision.

La serie parte alcuni mesi dopo la fine di Avengers: Endgame in un mondo che sta cercando di capire come fare con tutte le persone che sono tornate dopo lo schiocco di dita di Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Jr), compito che è stato lasciato al GRC (Comitato di rimpatrio Globale). Falcon/Sam Wilson (Anthony Mackie) continua la sua attività di eroe al servizio degli Stati Uniti, quando Bucky/Soldato d’inverno (Sebastian Stan) lo ricontatta e l’improbabile coppia si trova a dover affrontare l’organizzazione, contraria al GRC e alle sue politiche, autoproclamatasi Flagsmasher e, come se non bastasse, si troverà di mezzo il nuovo Captain America/John Walker (Wyatt Russell) trovando in un nemico, il Barone Zemo (Daniel Bruhl), un alleato inaspettato in un mondo cambiato profondamente dal post Thanos.

La serie nel mostrarsi attraverso il marketing è stata particolarmente onesta, dandoci poco, ma abbastanza per sapere cosa aspettarci. Quando sono usciti i primi trailer sapevamo che avremmo visto Falcon e Bucky lontani in termini di rapporto (senza saperne il motivo), che ci sarebbe stato un nuovo Captain America, che Zemo sarebbe tornato, che Sharon Carter sarebbe tornata, ma soprattutto che avremmo visto parecchia politica. Malcolm Spellman, showrunner della serie ha saputo però fare una cosa che molti non avremmo ritenuto possibile: è riuscita ad inserire tutti gli elementi sopracitati senza che stonassero tra di loro o che risultassero troppo o troppo poco, trovando un giusto equilibrio. Vediamo quindi come questi elementi sono stati gestiti all’interno di The Falcon and The Winter Soldier, partendo dalla new entry più attesa ed interessante: il nuovo Captain America!

John Walker è il nuovo Cap, scelto dal GRC per riportare la fiducia nel governo e nelle misure che stanno venendo prese per riportare il mondo alla normalità del periodo pre-Thanos.
Walker, sin dalla sua presentazione, non doveva essere un personaggio simpatico al pubblico: sin dalla sua prima apparizione sappiamo che John non è Steve, lo sappiamo ancora prima che sia lui stesso a dirlo, ma sappiamo anche che il governo vuole farlo passare per il nuovo Captain America e questo creerà non pochi attriti con Falcon e Bucky, con il primo “colpevole” di non aver accettato lo Scudo e il secondo infastidito e deluso dalla scelta dell’alleato. Walker però è anche un soldato perfetto, o comunque il prototipo di soldato moderno e questo, ovviamente, porta con sé tutte delle situazioni che ha vissuto sulla sua pelle, come la guerra, ed ora si trova a dover attestarsi su uno standard troppo alto, quello di Steve Rogers e, inoltre, deve anche combattere i propri demoni interiori. Wyatt Russell, in termini di presenza e prova, è davvero convincente, e riesce a mostrarci sia il lato più umano di John che la sua esaltazione al limite del fanatismo guerrafondaio, portando su schermo un personaggio che ci mostra contemporaneamente quanto Steve Rogers sia uno standard inarrivabile e quanto il potere possa corrompere anche la persona più volenterosa di fare il bene. La scrittura di Spellman e l’interpretazione di Russell ci hanno portato un Cap “negativo” ma anche un soldato, e soprattutto un ottimo espediente narrativo per portare Sam ad accettare l’eredità di Steve.

Sam Wilson e Bucky Barnes nell’economia della serie sono la strana copia, ma sono molto di più. Sono eroi ben noti che ne hanno passate tante al punto che ora rappresentano l’unica cosa (insieme allo scudo) che rimane dell’eredità di Steve Rogers: questo ci viene ricordato in ogni istante in cui i due sono insieme, con due persone decisamente diverse che, nonostante queste diversità e le divergenze, hanno in comune il legame con il mentore ed amico di entrambi.
Anthony Mackie e Sebastian Stan portano a casa una interpretazione davvero meritevole: il primo dovrebbe già essere conosciuto a chi apprezza il cinema, avendo un curriculum parecchio ampio e interpretazioni di un certo livello, mentre Sebastian Stan, finalmente, si lava della sua condizione di ragazzo maledetto che lo segue dai tempi di Gossip Girl e ci regala un Soldato d’Inverno in cerca di redenzione e che ha davvero lasciato andare il passato, ma che ha bisogno di una direzione e, in questo, si aggrappa a tutto quello che gli rimane, lo scudo.

The Falcon and the Winter SoldierPer Falcon, invece, tutta la serie è un percorso che serve a dare un motivo a Sam per prendere lo scudo e a dare al pubblico un’idea di che tipo di eroe sia Sam Wilson, un difensore dell’America come dovrebbe essere, che accetta tutti e va oltre all’imperialismo che l’ha definita. Un eroe sia dell’America che delle persone di colore, un binomio che troppo spesso non viene considerato come una cosa sola; sarà proprio Sam, parlando con Isaiah nelle scene finali dell’ultimo episodio, a ricordare come gli States siano stati costruiti anche dagli afroamericani, e come questo vada ricordato. Contando che la serie, nei piani iniziali, sarebbe dovuta uscire in un periodo in cui il movimento Black Lives Matter è tornato sulla bocca di tutti, dopo la tragica vicenda di George Floyd, la figura di Sam, insieme a quella di Isaiah, assume un significato ancora più importante.

Ora parliamo dell’elefante nella stanza, il Barone Zemo, interpretato da un sempre ottimo Daniel Bruhl. Zemo, “rilasciato” dalla prigione, diverrà il terzo incomodo nell’avventura che porterà Sam e Bucky nel cuore dell’Europa a fermare i Flagsmasher, che lui ritiene pericolosissimi. Helmut in questa miniserie dimostra di essere molto più di un villain, anzi, ne esce una visione completa, ossia quella di un soldato, di un padre di famiglia distrutto dalla tragedia ed uno stratega che è disposto a fare tutto per i suoi ideali, l’eliminazione di esseri troppo potenti per esistere. Questa sua natura metterà in moto parecchie discussioni sul dovere o no che certe persone si mettano a livelli più alti dei governi. Sicuramente, con la fine di questa miniserie, non abbiamo visto l’ultimo di Zemo e anche la sua chiusura nel Raft potrebbe non essere una cosa così decisiva, ma vedremo. Che sia in arrivo un progetto per portare su schermo i Thunderbolts o che Zemo riappaia in qualche altra serie Marvel Studios o, perchè no, in uno dei prossimi film, lo scopriremo in futuro.

The Falcon and the Winter SoldierOra arriviamo ai villain, Karli e i Flagsmasher che, alla fin fine, tanto villain non sono e che, nei piani originali della serie avrebbero avuto un ruolo leggermente diverso.
La giovane Karli Morgenthau e i suoi alleati rappresentano principalmente una metafora dei profughi messicani che bussano alle porte degli Stati Uniti, ma sono anche l’esempio di persone che, pur se mosse da buone intenzioni, come Sam cerca di far capire inutilmente a John Walker, se stremati e messi alle strette diventano i loro peggiori nemici. Karli è come Sam un personaggio che ha combattuto per il proprio “popolo”, pure attirandosi le ire degli altri, ed è proprio attraverso il rapporto che i due sviluppano che l’ex Falcon capirà che tipo di Captain America vuole essere e, allo stesso tempo, vedrà perché le persone meritano ancora una chance nonostante tutto. Per quello che riguarda invece il lato sacrificato dalla pandemia, ci stiamo ovviamente riferendo alla trama originale, che vedeva il gruppo combattere contro tutto e tutti per l’accesso a delle medicine per una malattia che si stava diffondendo nei campi profughi allestiti dal GRC. Insomma, finalmente dei villain Marvel non solamente con vere motivazioni ma che possono essere eroi per alcuni mentre villain per altri.

Come se non bastasse quanto già detto per descrivere l’anima incredibilmente politica della serie, ad aggiungere benzina sul fuoco arriva Isaiah Bradley, personaggio che ci porta ad un altro importante punto della serie, ampliando il discorso già fatto per Sam: la critica alla segregazione della comunità afroamericana. Isaiah, un eroe di guerra alla stregua di uno Steve Rogers, ha vissuto un’esperienza diametralmente opposta a quella del Cap più famoso. Non viene ricordato come un eroe, ma si ritrova ad essere un morto che cammina, costretto a passare anni della sua vita lontano dalla propria famiglia, mentre l’HYDRA sperimentava su di lui e, una volta tornato, oltre a non avere più accanto le persone che ha amato, si è visto costretto ad una non esistenza, che ha portato ad una giusta rabbia e disillusione: sarà proprio Isaiah a dare, oltre a Karli, un’ulteriore motivazione a Sam per accettare lo scudo.

The Falcon and the Winter Soldier, tuttavia, non è una serie perfetta, anche se i problemi non sono strutturali o tecnici, ma legati ad una scelta precisa di Disney+. Il principale difetto della serie, infatti, risiede nel suo rilascio ad episodi settimanali: si nota infatti, in maniera abbastanza plateale, che si tratta sostanzialmente di un film diviso in parti, senza che queste parti fossero strutturate in maniera tale da sembrare realmente episodi di una stagione, ma dando più la sensazione di una scelta forzata per non dover rilasciare in binge watching un prodotto che, per la sua stessa natura, lo avrebbe meritato. Probabilmente, fin ora, l’episodio più “televisivo” di tutti è stato proprio il terzo, con un’avventura a Madripoor che segue i nostri tre eroi e mostra un nuovo lato del MCU.

The Falcon and the Winter Soldier richiama leggermente, e volutamente, visti i molti punti in comune che si possono trovare, lo schema di Captain America: The Winter Soldier, seconda pellicola dedicata all’eroe a stelle strisce e, ancora oggi, uno dei migliori prodotti di Marvel Studios, che introduceva il Soldato d’inverno e Falcon, mentre Cap doveva affrontare la minaccia dell’HYDRA e aveva a che fare con un mondo troppo diverso da quello che aveva lasciato. Spellman prende spunto dalla struttura del film e la adatta alla storia che vuole raccontare, una storia di accettazione del proprio ruolo, di crescita, di lotta per la giustizia e di scontri e compromessi per fare la cosa giusta. La scelta di consegnare l’eredità del Primo Vendicatore a due persone e si sente per tutta la serie, dando davvero alla serie quello che serve per differenziarla da un classico buddy movie, di cui comunque ha ovviamente alcune dinamiche. La patina action che ricopre la serie serve a raccontare storie molto più importanti, come la segregazione, l’essere migliori davanti alle circostanze e, soprattutto, è un viaggio verso la maturità di un eroe, Sam Wilson/Captain America, pronto finalmente a non essere più “la spalla di Cap”.
Seppur gran parte della serie sia dedicata allo Scudo che  inizialmente Sam rifiuta, ci permette di vedere come, davvero, questo simbolo non sia per tutti e come un trauma possa produrre risultati diversi a seconda della persone. Proprio grazie alla storia semplice che viene raccontata, gli sceneggiatori riescono ad inserire tanti interessanti spunti narrativi e anche personaggi che hanno, finalmente, la possibilità di brillare senza necessariamente risultare solo un mezzo per un fine: il tutto, come sempre nel caso dei prodotti Marvel Studios, grazie anche ad una ricca eredità di storie a fumetti da cui prendere esempio.
Dunque, anche se ad una prima occhiata questa “miniserie” sembra essere solo un tassello nel percorso del nuovo Captain America e del Soldato d’Inverno che torna qui ad essere il sergente Bucky Barners, si tratta di qualcosa di più; infatti, mette sul piatto davvero moltissimi temi ed argomenti, che speriamo possano portare a certe discussioni sia nei telespettatori che all’interno della serie e del franchise senza fine che è il Marvel Cinematic Universe. Purtroppo, per quanto abbiamo apprezzato questa serie, dobbiamo necessariamente far notare quello che secondo noi è il grosso difetto di questa miniserie, la release settimanale. Dunque, nonostante la godibilità della storia, la scelta di fruizione non è tra le migliori e speriamo che, in caso di un seguito, questo sia pensato in maniera da essere davvero un prodotto da visionare settimanalmente e non un film diviso in atti.

The Falcon and The Winter SoldierThe Falcon and The Winter Soldier è una storia dai molteplici aspetti: dietro alla patina action del più classico buddy movie, Sam e Bucky affrontano il lascito di Steve, mentre il mondo cerca di ritornare alla normalità dopo il blip, con una lotta tra politica ed emarginati che non può che far riflettere su questioni decisamente attuali. Le stesse questioni attuali che ci ricordano ancora una volta come le discriminazioni, l’emarginazione e le ingiustizie subite dai deboli, che siano persone di colore, o profughi, o chiunque venga dimenticato, siano uno dei mali della nostra società, che avrebbe bisogno, proprio come nella serie, di un Captain America come Sam Wilson.

RASSEGNA PANORAMICA
The Falcon and The Winter Soldier
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Sono Luca, fin da piccolo mi sono interessato ai fumetti e successivamente alle serie tv, quando mi è stata data la possibilità di parlare delle mie passioni mi sono ficcato in questo progetto. PS: Ryan Ottley mi ha chiamato Tyrion non ricordandosi il mio nome.
the-falcon-and-the-winter-soldier-la-pesante-eredita-dello-scudo-recensioneThe Falcon and The Winter Soldier è una storia dai molteplici aspetti: dietro alla patina action del più classico buddy movie, Sam e Bucky affrontano il lascito di Steve, mentre il mondo cerca di ritornare alla normalità dopo il blip, con una lotta tra politica ed emarginati che non può che far riflettere su questioni decisamente attuali. Le stesse questioni attuali che ci ricordano ancora una volta come le discriminazioni, l'emarginazione e le ingiustizie subite dai deboli, che siano persone di colore, o profughi, o chiunque venga dimenticato, siano uno dei mali della nostra società, che avrebbe bisogno, proprio come nella serie, di un Captain America come Sam Wilson.

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