A tre episodi dalla conclusione della stagione, Watchmen si prende il tempo di indagare sul passato di uno dei Minutemen originali, Hooded Justice.
Dopo che Angela/Sister Night (Regina King) ha preso le pillole di William Reeves (Louis Gossett Jr) si trova catapultata in un turbinio di ricordi che ripercorrono la vita dell’uomo dal momento cruciale, l’entrata in polizia, passando attraverso il suo periodo da Vigilante fino all’omicidio di Judd Crawford (Don Johnson).
La puntata come era stato già annunciato attraverso il promo e le immagini rilasciate si concentra sull’eredità di Angela, un’eredità che come molti spettatori avevano predetto è legata strettamente ai vigilanti, Minutemen. Damon Lindelof con questa puntata si conferma definitivamente come un vero nerd da Watchmen. Vari sono gli elementi della mitologia classica del fumetto di Alan Moore che qui trovano posto e vanno completamente a screditare le bugie raccontate dal romanzo, “Under the Hood“, che proprio raccontava dei Minutemen e dei problemi dell’essere Vigilanti negli anni ’30 e ’40. Non è dunque un caso che proprio Hooded Justice sia stato utilizzato come collante tra Watchmen e questa serie tv sequel; il primo “avventuriero mascherato” che si trova ad ispirare eroi, ma anche businessman senza scrupoli, come Capitan Metropolis. Seguiamo William Reeves e la storia della sua disillusione prima verso la “giustizia”, che diventa una porta girevole per chi ha i soldi e poi verso il “vigilantismo”, quando un’effettiva necessità di fare qualcosa nasce e viene completamente allontanata dall’opinione pubblica in favore di stunt pubblicitari o minacce più da “fumetto”, come Moloch.
La puntata da un’altro lato si dimostra anche molto più virtuosa delle altre, con la scusa di trovarsi in ricordi rievocati dalla “Nostalgia”, riesce a trovare nel bianco e nero della puntata, che rievoca i primi film sui supereroi trasmessi ad episodi nei cinema come i serial di Superman o di Batman addirittura. Viene fatto non a caso un parallelismo tra la storia di HJ e di Kal-El, entrambi allontanati dal luogo della loro nascita, il primo per gli eventi traumatici che lo hanno colpito in infanzia, mentre il secondo perché non esiste più, ma di fatto questo è vero anche per HJ, infatti, la Tulsa di William è scomparsa con il massacro del 1921 e non tornerà più e così lui non tornerà mai ad una versione che possa ricordare proprio la sua casa d’infanzia. Stephen Williams fa dunque un ottimo lavoro proprio a dare quel senso di meraviglia sbiadito e di storia delle origini dei supereroi con questo episodio, che insieme al quinto episodio si pone sicuramente tra i più interessanti di tutta la serie, sia come messa in scena che come struttura narrativa, che cattura lo spettatore e non lo abbandona fino alla fine della puntata che arriva in fretta e lascia un senso di “stretta” al cuore.
Lindelof dimostra con questa puntata che Watchmen non è solo l’origine della sua storia, ma è un pezzo importante a cui proprio lui guarda con ammirazione e necessità di ispirazione, sia per creare i suoi nuovi personaggi, sia per finalmente dare un po’ di respiro all’intero discorso della ciclicità della storia e del non finire mai, elemento portante del fumetto originale.