Ultimo film che mancava all’appello tra i nominati all’Oscar come Miglior Film, Women Talking di Sarah Polley arriva nelle sale italiane a partire dall’8 marzo. Nominato anche nella categoria “Miglior scenggiatura non originale” in quanto basato sul romanzo omonimo di Miriam Toews, il film vede la partecipazione di un cast straordinario in cui figurano Rooney Mara, Claire Foy, Jesse Buckley, Frances McDormand, Judith Ivey e Ben Whishaw. La pellicola, come il romanzo, sono basati sui drammatici eventi reali accaduti nel 2011 nella Colonia Manitoba in Bolivia. Abbiamo visto il film in anteprima, di seguito la nostra recensione.

Women Talking è basato sul romanzo best-seller di Miriam Toews e porta sul grande schermo la storia di un gruppo di donne di una colonia religiosa che discutono di un segreto scioccante che riguarda gli uomini della comunità che per anni le hanno drogate e poi violentate. Quando la verità viene a galla, le donne discutono della loro drammatica condizione e dovranno decidere se restare, combattere o andare via.

Al contrario de Il Racconto dell’Ancella di Margaret Atwood, diventato una fortunatissima serie tv, Women Talking, basato su fatti reali estremamente drammatici, decide di non intraprendere la via del distopico per trattare una tematica estremamente forte e attuale, ma di basarsi esclusivamente sulla realtà. Se nell’opera di Atwood, le violenze reali che le donne erano costrette a subire, erano inserite in una versione alterata della realtà, quello che accade in Women Talking è la cronaca di quello che è realmente accaduto, caratteristica che rende l’intero racconto impregnato di una drammaticità consistente. Ambientato non più in Bolivia, ma traslato negli stati centrali degli Stati Uniti, il progetto di Polley è un’importantissima testimonianza di una violenza sadica e di un altrettanto importante presa di coscienza da parte di un gruppo di donne sottomesse e violate.

Dopo The Whale, anche Women Talking può essere considerato in tutto e per tutto un dramma da camera. Forte di un impianto teatrale, l’intera pellicola è quasi interamente girata e ambientata all’interno di un fienile nel quale alcune tra le donne più in vista della comunità, dopo aver scoperto i drammatici avvenimenti, si riuniscono in un improvvisato tribunale e dopo una votazione hanno il compito di decidere se combattere o andarsene. La scelta potrebbe sembrare ovvia, ma il forte orientamento religioso della comunità avrà il sopravvento e quella che potrebbe sembrare una scelta facile si trasformerà ben presto in un dilemma etico.

Mosso da un cast quasi completamente al femminile in stato di grazia, su tutte spiccano le performance di Claire Foy e Jesse Buckley, due caratteri opposti ma reali e credibili nelle loro scelte e parole; eccezzion fatta per Ben Whishaw, unico attore uomo della pellicola, il quale avrà il compito di redigere il verbale di quanto deciso dalle donne. Whishaw veste i panni di un “pentito” della comunità, un insegnante consapevole delle violenze che le donne subiscono, uno spettatore passivo incastrato in una situazione disturbante.

Ciò che stona all’interno di una pellicola dall’intento nobile è però l’impostazione con la quale è stato deciso di realizzarla. A partire dalla regia, fredda e distaccata, come fredda e distaccata risulta essere la fotografia, quello che fa percepire artificiosità non solo nella messa in scena ma anche all’intero contesto è la modalità con la quale la drammaticità viene esposta. Il pubblico si troverà di fronte ad una comunità rurale composta da donne analfabete, che non hanno diritto allo studio a causa del loro essere donne, rivolgersi tra di loro con termini estremamente aulici, con un linguaggio sostenuto e strutturato. È vero che la loro intera educazione si basa su dogmi religiosi, quindi molte delle sentenze pronunciate hanno a che fare con parole provenienti dalle Sacre Scritture, ma così facendo si perde quell’immediatezza e quell’emotività che questa storia avrebbe dovuto avere.

Al contrario però non si cade in patetismi, vittimismo ed inutile pornografia del dolore, in questo la sceneggiatura è ben congegnata nel mantenere un tono sostenuto che non si lascia abbindolare da scene di violenza estrema, ma inserendo rapidi flashback che mostrano senza enfatizzare i drammi subiti. Sceneggiatura capace di caratterizzare ogni personaggio, affidando ad ognuna delle donne una caratteristica riconoscibile. Menzione d’onore per uno dei modi migliori di rappresentazione di un personaggio trans che la cinematografia recente possa ricordare.

Women Talking partendo da una drammatica storia reale avvenuta in Bolivia e qui traslata negli stati interni degli Stati Uniti è il resoconto scioccante di quanto avvenuto alle donne di una comunità religiosa. Estremamente teatrale, il film di Sarah Polley, risulta efficace nelle intenzioni ma meno nella messa in scena che predilige un tono freddo e distaccato sia nelle immagini che nei dialoghi, rendendo il tutto estremamente artificiale nonostante ne sia comprensibile l’intento. Candidato come Miglior film e Miglior sceneggiatura non originale agli Oscar 2023, probabilmente non vincerà nulla, ma resta un’importantissima testimonianza di uno scioccante evento reale.


Women Talking di Sarah Polley arriva nei cinema italiani a partire dall’8 marzo. Ecco il trailer italiano del film:

RASSEGNA PANORAMICA
Women Talking
7
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
women-talking-il-diritto-di-scegliere-il-film-candidato-alloscar-di-sarah-polley-recensioneWomen Talking partendo da una drammatica storia reale avvenuta in Bolivia e qui traslata negli stati interni degli Stati Uniti è il resoconto scioccante di quanto avvenuto alle donne di una comunità religiosa. Estremamente teatrale, il film di Sarah Polley, risulta efficace nelle intenzioni ma meno nella messa in scena che predilige un tono freddo e distaccato sia nelle immagini che nei dialoghi, rendendo il tutto estremamente artificiale nonostante ne sia comprensibile l’intento. Candidato come Miglior film e Miglior sceneggiatura non originale agli Oscar 2023, probabilmente non vincerà nulla, ma resta un’importantissima testimonianza di uno scioccante evento reale.

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