Dopo undici anni e ventidue film, i Marvel Studios chiudono finalmente il cerchio con Avengers: Endgame, capitolo finale dell’Infinity Saga (o Saga dell’Infinito), seguito di Infinity War e vero e proprio evento culmine di tutto il progetto iniziato, nel 2008, con il primo Iron Man. Esatto, parliamo di evento. Parlare di “semplice” film, in questo caso, sarebbe sbagliato e riduttivo: Endgame non può e non deve essere analizzato come una singola pellicola, ma va affrontato tenendo ben presente tutto quello che è stato il percorso che ha condotto gli eroi di casa Marvel, e noi spettatori, di nuovo al cospetto del titano folle Thanos.

In Avengers: Infinity War, il Titano Pazzo ha fatto quello che aveva promesso, sterminando il 50% degli esseri viventi dell’intero Universo con uno schiocco di dita. Con l’aiuto dei pochi alleati rimasti ancora in vita, i sei Avengers originali dovranno unirsi ancora una volta per cercare di riparare alle azioni di Thanos, e riportare l’universo all’ordine, indipendentemente dalle possibili conseguenze.

Tutta la progettazione della pellicola verte su un punto fondamentale, sicuramente non innovativo, ma raccontato con una potenza narrativa ed emozionale difficilmente eguagliabile: guardare al passato è la chiave per andare avanti, verso il futuro. Tutta la saga, come ci ricorda Tony Stark nel primo trailer del film, è un viaggio, sia per i personaggi che per gli spettatori, e come tutte le cose non poteva durare per sempre; tuttavia, il messaggio del nostro amato Iron Man è tanto semplice quanto sfuggevole. La fine è solo una parte del viaggio, e che a volte, come in questo caso, arriva il tempo di voltare pagina, ma senza mai dimenticare il passato.

I concetti fondamentali di questo evento sono il fulcro di personaggi come Iron Man, Capitan America, e tutti gli altri Avengers originali: la famiglia, il ruolo dell’eroe, l’importanza dell’anima. Partendo da quest’ultimo, proprio il concetto di anima, quella componente che rende, senza scomodare questioni religiose o spirituali, l’uomo diverso dalla macchina; Ciò che porta l’essere umano a provare emozioni, affetti, empatia, e che sottolinea peralltro l’importanza forse precedentemente sottovalutata di un altro film sugli Eroi più potenti della Terra, Age of Ultron, è ad uno dei concetti più forti di Endgame.

Non di minore importanza, sicuramente, è il ruolo dell’eroe, incarnato nel personaggio di Steve Rogers: un personaggio che rappresenta in maniera perfetta tutto il peso della responsabilità nei confronti di chi dobbiamo proteggere, il senso di fallimento che dilania l’eroe quando fallisce e qualcuno muore. Il vero eroe è colui che si sobbarca il peso di difendere tutti, anche a discapito della propria vita, poichè il sacrificio dell’eroe non è mai vano.

E poi, probabilmente il punto cardine fondamentale che permea I legami tra gli eroi, la famiglia. Gli Avengers possiedono un legame simbiotico che va oltre i dissidi e le differenze intrinseche, ed a loro volta i singoli personaggi sono esseri umani legati da un sentimento profondo di amore fraterno, che in questo film viene ulteriormente approfondito: basti pensare all’amore fraterno tra Natasha e Clint, o quello tra Cap e Bucky, o tra i Guardiani Della Galassia.

Quando è la famiglia il cardine, un tema imprescindibile da esso non può che essere la morte, per molti versi questa è anche una pellicola sull’elaborazione del lutto. In questo film tutti i personaggi hanno perso qualcuno che ricoprisse quel ruolo, quel qualcuno che dava un senso alla loro esistenza, che indicava loro quale fosse il proprio posto nel mondo, che li facesse stare bene. Su tutti, chi ha perso sicuramente di più è Thor, il Dio del Tuono scanzonato ed incline alla battuta dell’ultimo film di cui è protagonista ha perso famiglia, patria, metà del popolo che avrebbe dovuto proteggere. Ognuno in Endgame affronta il lutto nel modo che appare più opportuno, ma alla resa dei conti non è l’uomo comune, ma l’eroe che non cede il passo e combatte con tutte le sue energie.

Dicevamo, nel film il passato è il mezzo per affrontare il futuro. Potremmo estrapolarci mille sfaccettature ed associarle a qualsiasi scena proiettata, ma su tutte, Endgame ci vuole ricordare come guardare al passato, osservare quali sono stati i nostri errori, ci possa aiutare ad evitare di ripeterli. Un messaggio che, in un’epoca come quella in cui viviamo, è di un’attualità pazzesca, pur nella sua semplicità. A volte, sono proprio i messaggi più semplici e di per sè scontati ad essere quelli più importanti e potenti. Il film non ha scene mid e post-credits, proprio a voler ribadire ancora una volta come questo capitolo della saga sia la fine di un viaggio che ci lasci come monito quello di guardare al passato, godersi il presente, per poi poterci lanciare nel futuro.

Ci troviamo di fronte ad un prodotto che, se da un lato ha tutti i crismi del blockbuster, dall’altro vuole essere anche un elemento di rottura per lo stesso genere a cui appartiene. Infatti, a differenza dei precedenti film che, seppur da vedere all’interno di una saga corale, potevano essere visti anche singolarmente e con un’introduzione ed uno sviluppo classici, l’intenzione di Endgame è esattamente l’opposto, ovvero la seconda parte, o il secondo tempo, di Infinity War. Se quella è l’intenzione, a primo impatto non ci sentiamo di promuoverne a pieno la riuscita: partecipando anche alla maratona Infinity War-Endgame si percepisce un inizio rapido ed estremamente repentino che si accosta (forse fin troppo) al calore ancora vivo della conclusione del primo “episodio”, con un calo fin troppo pesante subito dopo, una sezione anticlimatica decisamente troppo spalmata, il cui effetto rasenta l’impazienza per ciò che verrà dopo, per l’ora e mezza conclusiva che, con tutta onestà, ripaga l’attesa.

Analizzando più a fondo le tre sezioni di Endgame, ci accorgiamo di come un ritmo fin troppo frenato nel primo atto ha uno scopo ben preciso e tutto sommato necessario alla buona riuscita della narrazione: vediamo come i personaggi, a causa del lutto di cui parlavamo sopra, reagiscono e, nel senso ampio del termine, si “umanizzano”, mollando i panni degli eroi ed affrontando un mondo che li ha lasciati da soli con il loro fallimento. Vediamo ironia (tanta), disperazione, caduta, ma anche ottimismo e speranza. Evitando gli spoiler, possiamo dirvi che i Vendicatori, ognuno con la propria reazione, definiscono in modo completo loro stessi al di fuori della figura del supereroe. Tutto decisamente apprezzabile, se non fosse che negli atti successivi troppi personaggi secondari prendono parte alle scene grazie ad uno sviluppo off-screen che avremmo voluto vedere su schermo, con il senno di poi è impossibile non provare la sensazione di aver sprecato 40 minuti di film su scene evitabili, che potevano essere utilizzati in modo più sapiente e completo su tutti quei personaggi di contorno ma tutt’altro che relegati sullo sfondo. Andando poi su seconda e terza parte, rispettivamente preparazione e conclusione, c’è poco da dire e vi lasciamo scevri di qualsiasi input, possiamo solo affermare che c’è tanto, Molto di più di ciò che ci si aspetta.

Tecnicamente, parliamo di un film ben girato, con dei Fratelli Russo che, sebbene non ispirati come in Capitan America: The Winter Soldier, concludono degnamente la saga, gestendo bene i ritmi narrativi, le pause, le battute, le scene d’azione ed i momenti più riflessivi e drammatici e senza perdersi in magie della fotografia e dei movimenti di macchina, se escludiamo le scene in totale CGI. Ma, come già detto, parlare di questioni tecniche in questo Endgame, che non è un film, ma un evento che conclude un progetto decennale, sarebbe riduttivo: il nostro voto non va al singolo film, ma a tutto il progetto Marvel Cinematic Universe, a tutta l’Infinity Saga. Siamo di fronte alla celebrazione ed al culmine massimo di undici anni di lavoro: se si poteva valutare Infinity War come singolo film, non si può sicuramente fare lo stesso con Avengers: Endgame.

Avengers: Endgame, come dicevamo, è un evento: tutto il lavoro svolto dai Marvel Studios, con Kevin Feige nel ruolo di Presidente e coordinatore, ricorda le grandi saghe che abbiamo imparato ad amare sulle pagine dei fumetti. Endgame dimostra tutta la potenza e la clamorosa struttura del progetto, con svariati riferimenti alle pellicole precedenti, con citazioni ed avvenimenti che ci fanno capire quanto, a partire soprattutto dal primo film sugli Avengers, tutto abbia fatto parte di un unicum coordinato e corale, in cui nulla è stato lasciato al caso, e che raggiunge in questo ultimo capitolo il proprio culmine. Tutto l’impianto narrativo è di qualcosa di difficilmente ripetibile, anche per gli stessi Marvel Studios. Possiamo mettere infatti l’impatto narrativo, emozionale e gli standard del progetto Marvel sullo stesso livello d’importanza di capisaldi del cinema d’intrattenimento come la prima trilogia di Star Wars, la saga di Indiana Jones o quella di Ritorno al Futuro, o ancora de Il Signore degli Anelli. Qualcosa che va oltre al mero valore cinematografico di blockbuster e che si inserisce a pieno diritto nell’immaginario collettivo di ciò che diventa culto non più superabile ma solo, al massimo, eguagliabile. I Marvel Studios sono riusciti a generare una continuity ben legata lunga 11 anni portati egregiamente a compimento con questo Endgame, pellicola destinata ad essere ricordata per molto, molto tempo.

Ogni decennio ha la sua saga rappresentativa, era da tanto tempo che una storia così non riempiva il cuore degli spettatori e li portasse al culmine del pathos. In sala abbiamo assistito in ogni parte d’Italia a risate, lacrime, applausi, ma soprattutto tanto fiato sospeso. Davvero pochi ci sono riusciti e la Marvel, tenendo lontane inutili prese di posizione di questa o quella fazione, entra con il suo MCU di diritto nell’Olimpo delle saghe narrative più strabilianti di sempre, e non c’è altro da fare che ringraziare per averla vissuta dall’inizio alla fine.