Arriva quest’oggi nelle sale Cetto c’è senzadubbiamente, terzo capitolo della fortunata serie legata ad uno dei personaggi più celebri di Antonio Albanese.
É veramente difficile poter parlare veramente di questo film, dato che, evidentemente, ci si trova davanti a qualcosa di ormai superato su ogni fronte. Questo terzo capitolo della “saga” creata un po’ per caso otto anni fa e continuata quasi esclusivamente per il grandissimo successo del primo episodio è un espediente puramente commerciale: benché ci si possa chiedere quale saga non sia stata creata solo per interesse puramente commerciale, in questo preciso caso si percepisce ancor di più, trattandosi di un film davvero poco originale, stantio e pieno di cliché triti e ritriti.
Di cosa parla quindi Cetto c’è senzadubbiamente (titolo sicuramente stimolante se si è appassionati di scioglilingua)? Il protagonista Cetto La Qualunque ha lasciato la politica e l’Italia per trasferirsi felicemente in Germania, dove ha avviato una catena di ristoranti e pizzerie e ha trovato una bella moglie tedesca, dalla quale ha avuto una figlia. Ma quando la zia che l’ha cresciuto, sorella di sua madre, lo chiama al capezzale, Cetto torna a Marina di Sopta in Calabria, dove ora è sindaco suo figlio Melo. La zia ha un segreto da rivelargli: Cetto non è, come aveva sempre creduto, figlio di un venditore ambulante di candeggina, ma l’erede naturale di un principe calabrese. Dunque decide di trattenersi al Sud e godere dei privilegi del ruolo di sovrano “assolutista”, con il sostegno di un aristocratico. Ma non tutto va per il verso giusto, e anche il rapporto di Cetto con la moglie ed il figlio verranno messi in gioco.
La trama ovviamente non sprizza originalità da tutti i pori, mostra tutta la propria natura di “compitino” per portare a casa qualche buon numero al botteghino, ma non sarebbe nemmeno così terribile se non fosse per l’eccessiva superficialità con la quale viene messa in scena, toccando vette di ridicolo davvero, a tratti, insopportabili.
Ovviamente la pellicola nasce, come già detto, per due motivi ben precisi e visibili: il primo, ovviamente, fare cassa al box office italiano, mentre il secondo, comunque strettamente collegato al primo, sfruttare la situazione politica italiana odierna (come in Bentornato Presidente, sempre di quest’anno) per spacciare il film come idea geniale e originalissima, anche se ovviamente siamo di fronte ad un prodotto prevedibile e pieno di satira di bassa lega, per quanto la scena politica italiana attuale sia fonte d’ispirazione di altrettanta bassa lega.
Albanese è, senz’ombra di dubbio, la parte migliore del film ed il motivo per il quale tanti italiani andranno al cinema: come negli altri episodi della saga di Cetto, l’attore lombardo è assoluto mattatore e focalizza completamente l’attenzione ma, complice anche una sceneggiatura (a cui ha preso parte) non all’altezza del primo film, non risulta troppo simpatico ed originale, anzi. Decisamente sotto tono le interazioni con gli altri personaggi, già visti nei precedenti episodi, mentre tutte le battute migliori sono nel trailer, rendendo il resto un ripetitivo misto di sketch comici di poco valore e noia. Albanese, dopo il secondo episodio del 2012 (Tutto Tutto Niente Niente) ha continuato a portare il suo personaggio in teatro e negli spettacoli varie volte , e questo si sente moltissimo, visto che è abbastanza palese come questo Cetto c’è senzadubbiamente, più che un film, voglia essere uno spettacolo di teatro con alcuni piccoli momenti cinematografici.
Perché si, è vero che, come detto dallo stesso Albanese alla conferenza stampa, Giulio Manfredonia (il regista del film) ha una padronanza tecnica da commedia sicuramente migliore rispetto a tanti altri che fanno fare tutto all’attore mentre la macchina rimane ferma, ma in questo caso la regia non è affatto brillante e tutto il lavoro del regista sa di già visto.
C’è comunque un pregio in questa pellicola, riuscire ad essere indubbiamente migliore del suo predecessore, un film con ancora meno idee e con tre personaggi uno più fastidioso dell’ altro.
Altra cosa ben poco riuscita è lo sviluppo dei personaggi della famiglia di Cetto: il figlio, che nel precedente film stava provando a diventare un cantante, in questo è diventato sindaco del paese e cerca di ironizzare sull’ambientalismo, ma in maniera troppo leggera e banale. La moglie, interpretata nuovamente da Lorenza Indovina, è anch’essa schiava di questo cambiamento e viene fatta diventare una suora e, anche se la scena che la coinvolge è divertente, finisce per risultare una macchietta di poco conto.
Ultime note dolenti: i titoli di testa con i nomi degli attori sono abbastanza rivedibili, ma soprattutto il finale in cui Cetto si cimenta in un duetto rap con Gué Pequegno, nello stesso video uscito alcuni giorni fa, è completamente stonato rispetto alla scena e conclude malissimo quanto creato con il primo film, sicuramente di tutt’altra pasta rispetto ai due capitoli successivi.