In questo periodo, dove moltissimi film sono purtroppo usciti solo in digitale come le grandi produzioni statunitensi, ad esempio L’uomo invisibile, Bloodshot, Tornare a vincere o i film italiani come DNA – Decisamente non adatti, 7 ore per farti innamorare o Favolacce, anche pellicole più indipendenti sono purtroppo dovute arrivare direttamente nelle principali piattaforme di streaming a noleggio come CHILI. Tra queste, una delle più interessanti è stata Honey Boy, presentata alla scorsa Festa del Cinema di Roma.

Il lungometraggio autobiografico su Shia LaBeouf scritto da se stesso, narra il rapporto problematico che ha avuto da bambino con il padre, ma il film merita davvero la visione?

La trama segue le vicende di un dodicenne chiamato Otis Lort che, quando inizia a riscuotere successo come star televisiva per bambini a Hollywood, affronta il tentativo del padre, ex pagliaccio appena ripresosi dalla dipendenza da eroina, di riconciliare i rapporti. Quando Otis non è sul set, trascorre le sue giornate con il padre in un motel ai margini della città, sopportandone gli abusi.

Si, avete letto bene, il protagonista si chiama Otis Lort e non Shia LaBeouf, pur essendo un film autobiografico: l’attore ha infatti deciso di non mettere il proprio nome al personaggio,  dando così la possibilità al film di non descrivere la sua vita nei minimi dettagli, ma riuscendo a costruire una storia originale, con tocchi a volte personali. La regia del lungometraggio è stata affidata a Alma Har’el, qui alla sua opera prima come regista di un lungometraggio, dopo aver lavorato a video musicali e documentari. LaBeouf  ha scelto la regista dopo aver apprezzato il lavoro svolto dalla Har’el per il videoclip dei Sigur Rós a cui lui stesso ha partecipato, e per quanto visto nel documentario LoveTrue (disponibile su Netflix) che ha deciso di produrre. Il background della regista emerge chiaramente in Honey Boy, tanto che diverse scene sembrano uscite da un videoclip musicale: possiamo dire di essere di fronte ad un tipo di cinema molto piccolo, indipendente e che segue lo stile delle produzioni alle quali l’attore reso celebre da Transformers ha deciso di prendere parte da qualche anno a questa parte.

Protagonisti della storia sono i due attori Noah Jupe e Lucas Hedges: entrambi  interpretano Otis in due fasi diverse della vita del ragazzo, a 12 e 22 anni. Tra i due Hedges è molto più sacrificato, visto che il suo Otis ha decisamente poco spazio e mordente nella storia, lo si vede solamente mentre cerca di affrontare la situazione dentro un centro di recupero, ma i suoi momenti sono molto vaghi e non hanno gran forza nella storia.
Al contrario Jupe, nei panni del giovane Otis, è bravissimo, riesce a dare molto bene la sensazione di oppressione e difficoltà nell’approcciarsi con questo padre difficile, che LaBeouf interpretata molto bene a sua volta. Il personaggio del padre, pur negativo nel suo vessare costantemente il figlio, è sicuramente quello più affascinante, soprattutto nei momenti in cui partecipa alla riunioni degli alcolisti anonimi, oppure quando si veste da clown, come nelle scene finali.

L’aspetto più affascinante di Honey Boy è soprattutto questo suo lato molto misterioso, che ci viene mostrato con una fotografia spesso al neon, che si contrappone a questo continuo andare avanti e indietro nel tempo: il tutto si alterna spesso a tanti dialoghi, urla e discussioni tra il padre e il figlio che, pur essendo rappresentate molto bene, a volte sembrano non avere un reale scopo nell’economia della pellicola. Chi si aspetta inoltre di vedere in Honey Boy i set dei film a cui l’attore negli anni ha partecipato rimarrà deluso: LaBeouf scrive un film intimista, forse fin troppo, ambientato per la maggior parte della sua durata all’interno di un mini appartamento, nel quale padre e figlio si scontrano e si incontrano molte volte, mentre il set cinematografico è solo un escamotage narrativo per poter arrivare a parlare di ciò che più interessa all’attore.

Molto belli anche i momenti in cui incontriamo il primo amore di Otis, che danno un ulteriore forza narrativa al lungometraggio. In sostanza vi consigliamo la visione di questo progetto autobiografico di Shia LaBeouf perché, pur avendo i classici difetti da opera prima e molte ripetizioni che, a volte, appesantiscono il tutto, ha molto cuore e ci racconta una storia di grande importanza per l’attore.


Di seguito potete trovare il trailer originale di Honey Boy:

RASSEGNA PANORAMICA
Honey Boy
7
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Ho 23 anni, vivo a Perugia e studio a Roma. Dirigo, scrivo e produco cortometraggi per la Nostalghia Prod., società di produzione da me creata e diretta. Ho all' attivo 16 cortometraggi diretti da me, oltre che altri 16 solamente prodotti. Scrivo e collaboro per RedCapes.it da Gennaio 2019.
honey-boy-il-film-sull-infanzia-di-shia-labeouf-recensioneHoney Boy, progetto autobiografico di Shia LaBeouf, pur avendo i classici difetti da opera prima e molte ripetizioni che, a volte, appesantiscono il tutto, ha molto cuore e ci racconta una storia di grande importanza per l'attore. Un'opera prima anche per la regista, che ci mostra il proprio background artistico con scene che sembrano uscite da un videoclip musicale.

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