Intervista a Donny Cates – “Per Thor mi sono ispirato alla soundtrack di Hereditary” | Speciale Lucca 2019

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Donny Cates

La rising star del fumetto contemporaneo, Donny Cates, arriva alla 53esima edizione di Lucca Comics ospite di saldapress. Dopo gli esordi con lavori come Buzzkill e The Ghost Fleet, il texano ottiene l’attenzione di critica e pubblico con God Country, serie Image disegnata dall’amico Geoff Shawn. Approda poi in Marvel lavorando prima su Dottor Strange, gli Inumani e Thanos, arrivando alla definitiva consacrazione sulle pagine di Venom. Oltre ai titoli mainstream come Venom, Guardiani della Galassia e i prossimi Absolute Carnage e Silver Surfer: Black, Cates è attualmente al lavoro su serie indipendenti come Redneck e Babyteeth, entrambe edite da saldapress.


Ciao Donny, benvenuto su RedCapes. Prima di tutto congratulazioni per il matrimonio, è stato qualcosa di unico nella storia di Lucca e in generale nella storia delle convention di fumetti. Vorrei iniziare chiedendoti come mai tu e Megan avete scelto proprio Lucca per questo giorno speciale?

Ciao RedCapes, grazie per avermi invitato. Per rispondere alla domanda, Megan ed io avevamo deciso che ci saremmo sposati il giorno di Halloween a qualunque costo. All’inizio ci saremmo dovuti sposare in Texas, con tutta nostra famiglia e gli amici, e infatti quando i ragazzi di saldapress ci hanno invitato a Lucca abbiamo detto no. Quando hanno saputo del matrimonio, si sono proposti di organizzarlo qui a Lucca, coinvolgendo tutta la città; era un’occasione irripetibile e siamo davvero contenti di aver accettato.

Anche noi siamo contenti che tu abbiaaccettato, credimi. Come hai anticipato, sei uno degli ospiti più attesi di saldapress, che per l’occasione ha portato in anteprima il volume di The Ghost Fleet, scritto da te per i disegni di Daniel Warren Johnson, anche lui ospite della fiera. Potresti presentare ai tuoi fan italiani questo tuo lavoro?

Con molto piacere; Ghost Fleet in realtà si basa su una vera procedura del Governo Americano che, ogni qualvolta abbia dei materiali ad alto rischio da trasportare, si serve di questi convogli fantasma addetti al loro trasporto. Purtroppo nella realtà quasi sempre si tratta di materiali noiosi della NASA, quindi ho pensato di renderlo più interessante, hai presente il magazzino alla fine de “I Predatori dell’Arca Perduta”?

Sì certo.

Ecco tutti quegli oggetti strafighi in quelle casse deve averli pur trasportati qualcuno e Ghost Fleet parla proprio di questo, della storia dietro questi oggetti sovrannaturali e delle persone che li trasportano e gestiscono, una sorta di camionisti black ops per intenderci.

Rimanendo sempre in tema Ghost Fleet, in che modo tu e Daniel siete finiti a lavorare su questo progetto?

Mentre ero al lavoro su Buzzkill, uno dei miei primi lavori edito dalla Dark Horse, Daniel mi scrisse una mail dicendo quanto amasse la serie e che anche lui scriveva e disegnava fumetti. All’epoca Daniel aveva realizzato alcuni fumetti indipendenti e quando l’artista originale di Ghost Fleet abbandonò il progetto all’ultimo, mi venne subito in mente la mail di Daniel e decisi di scrivergli subito per proporgli di disegnare la serie. Fortunatamente ha accettato istantaneamente e il risultato è stato magnifico.

Parlando invece di uno dei tuoi lavori più recenti, Babyteeth, sempre edito da saldapress, è una serie molto interessante: oltre all’elemento sovrannaturale ed esoterico, nella serie tu e Garry Brown mettete in luce cosa voglia dire essere una madre adolescente in maniera attenta e raffinata. Ci puoi parlare del motivo che ti ha spinto ad analizzare questa tematica che non assoceremmo mai a Donny Cates.

In realtà, volevo scrivere da sempre una storia dove il protagonista riesce a salvare il mondo solamente grazie all’amore. Avevo trattato il tema della famiglia in God Country e Redneck da un punto di vista più mascolino e malsano a tratti, ma con Babyteeth adoravo l’idea di mostrare l’amore di una madre per il figlio, che se ne frega del fatto che il suo bambino sia l’anticristo e, pur sapendolo, farebbe comunque di tutto per lui. Ovviamente non ho inventato io il concetto dell’anticristo (ride), film come Rosemary’s baby hanno già trattato questo tema, mostrando però sempre una madre terrorizzata dalla natura del suo bambino, mentre Sadie non è spaventata, appunto perchè è il suo bambino. Come ti dicevo prima, a lei non importa che suo figlio sia l’anticristo in quanto lo ama con tutta se stessa, proteggendolo fino alla fine e non lasciando che siano gli altri a definire chi o cosa suo figlio diventerà.

Restando in tema, Babyteeth ha debuttato due anni fa trovando molti consensi, quali piani tu e Garry avete per il futuro della serie?

Siamo quasi agli sgoccioli, la serie si concluderà con il numero 20. Stiamo lavorando per chiudere al meglio la serie, anche se ultimamente abbiamo avuto qualche ritardo per colpa mia, sai com’è, quando devi scrivere un sacco di cose e anche un film, il tempo non basta mai (ride).

E noi non vediamo l’ora di leggere come si concluderà la storia di Sadie e Clark. Parlando invece della tua carriera come scrittore e artista, dopo aver frequentato Savannah College of Art and Design e aver realizzato alcuni fumetti autoprodotti e altri per la Dark Horse, dopo Buzzkill tu e Geoff Shaw avete nuovamente fatto squadra regalandoci quel meraviglioso gioiello dal nome God Country. Andando oltre l’immagine di “Southern Bastards che incontra i New Gods kirbyani”, il fumetto racconta una storia toccante e potente. Attraverso Emmett siete stati in grado di mostrare il dramma della malattia e di come questa affligga anche le persone a noi care, quindi potresti dirci i motivi che ti hanno spinto a trattare un tema tanto ostico e personale come la malattia?

Da diverso tempo avevo in mente l’idea alla base di God Country, ma ogni volta che cercavo di realizzarla non mi sembrava funzionasse. Mi sembrava una storia stupida, una sorta di brutta copia di Thor e Mjolnir, tranne che al posto di un dio norreno e il suo martello c’è un redneck con una spada magica, e per questo decisi di accantonare l’idea. In seguito ho avuto diversi problemi di salute e sono quasi morto.

Oddio.

Tranquillo, ora sto bene anche se non sembra (ride). Comunque dopo quell’esperienza, mi sono reso conto di avere molto da dire su temi come la morte, la propria storia e il proprio lascito. Ho immaginato “Cosa sarebbe successo se fossi morto? Cosa avrei lasciato agli altri?” e, tutto ad un tratto, i fumetti, la fama e i soldi mi sono sembrati cose futili, solo la mia famiglia e le persone a me care erano l’unica cosa importante. Può sembrare sciocco o scontato, ma credimi che è davvero così, e perciò ho deciso di raccontarla; con God Country ho cercato di incanalare e raccontare le mie emozioni, parafrasandole attraverso gli occhi di un ragazzino che è cresciuto in Texas leggendo Jack Kirby.

Sono senza parole, grazie per averlo condiviso con noi. Ricollegandomi a quanto hai appena detto, leggendo i tuoi fumetti, spesso i protagonisti delle tue storie si ritrovano a combattere con i loro demoni. Sicuramente è un modo per aiutare gli altri a combattere i propri problemi ma, e spero di non essere inappropriato, credo che sia anche un tuo modo di affrontare i tuoi demoni, non credi?

Assolutamente sì, anzi grazie per la domanda. Come tanti altri artisti, anche io mi ritrovo spesso a scrivere degli argomenti di cui ho più paura o di eventi che hanno segnato la mia vita. Scriverli, metterli nero su bianco sulla carta mi aiuta molto, poichè non solo mi fa ricordare ciò che ho passato, ma soprattutto il percorso e la forza trovata per uscirne, e se ciò può essere di aiuto agli altri non posso che esserne contento.

Credi che essere sposato cambierà il tuo modo di scrivere?

Onestamente no. Ora sono felice come mai prima d’ora, ma sono abbastanza sicuro che finchè rimarrò lo schizzato che sono, continuerò a scrivere protagonisti depressi e alcolizzati (ride).

Cambiando argomento, da Gennaio raccoglierai il testimone, o meglio il martello, lasciato da Jason Aaron su Thor. Assieme a Nic Klein scriverai un nuovo capitolo nella storia del Tonante e, come hai dichiarato tu stesso, il tuo Thor suonerà come un album black metal norvegese, quindi mi chiedevo quali album o canzoni hai ascoltato mentre eri al lavoro sulla serie?

Mentre scrivo non riesco ad ascoltare della musica con delle parole, però per farti capire l’atmosfera che si respirerà nel nostro Thor ti consiglio di ascoltare la traccia “Reborn” della colonna sonora del film Hereditary. Ho ascoltato quel pezzo in loop e mi ha aiutato molto nel definire il tono della serie.

Grazie Donny, lo farò sicuramente. A nome di tutta la redazione di RedCapes, ti ringrazio per il tempo che ci hai concesso e ti rinnovo ancora i nostri più sentiti auguri.

Grazie a voi, è stato un piacere. A presto!

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