La cerimonia di premiazione degli Oscar, come sempre, non può che generare strascichi e polemiche sui vari premi assegnati, ed anche l’edizione 2019 ha il suo scontento illustre: si tratterebbe di Spike Lee che, a detta di alcuni giornalisti, non avrebbe gradito la vittoria della statuetta per il miglior film da parte di Green Book.
Stando infatti a quanto riportato da Andrew Dalton dell’Associated Press, il regista avrebbe tentato di abbandonare la sala mentre veniva conferito il premio a Peter Farrelly. Il regista di Fa la cosa giusta avrebbe poi spiegato:
“Sono particolarmente sfigato. Ogni volta che qualcuno guida un’automobile, io perdo” riferendosi probabilmente a quando, nel 1990, Fa la cosa giusta si vide togliere persino la nomination a causa di A spasso con Daisy. “Credevo di essere al Madison Square Garden con gli arbitri intenti a sbagliare una chiamata sbagliata. Sembrava uno scherzo” (il riferimento al Madison Square Garden è dovuto alla nota passione del regista per le partite dei New York Knicks, squadra di basket di NY).
Spike Lee non è sicuramente l’unico a non aver gradito la scelta di Green Book: Jordan Peele, regista di Get Out, non ha nemmeno applaudito alla vittoria del film con Viggo Mortensen, e con lui diversi membri afroamericani dell’entourage di Spike Lee, presenti alla cerimonia.
La problematica, stando a quanto si dice negli States, sarebbe legata alla narrazione tradizionalista di Green Book, opposta all’autodeterminazione black presente nel film di Lee, BlacKkKlansman, vincitore comunque dell’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. La critica rivolta al film di Farrelly è quella di aver esaltato il “salvatore bianco” in aiuto dell’afroamericano che da solo non può modificare il proprio destino.
Non si tratta poi dell’unica polemica legata a Green Book: ad esempio, durante il tour promozionale del film, Viggo Mortensen è stato accusato di aver usato termini razzisti (la situazione è stata abbastanza travisata in quanto l’attore di orgini danesi ha si utilizzato la parola “negro”, che negli USA è stigmatizzata e censurata, ma con valenza positiva, per dire che al giorno d’oggi tale epiteto non viene più utilizzato con leggerezza).
In sostanza, niente di nuovo per il mondo dello spettacolo, dove polemiche e diatribe del genere sono all’ordine del giorno.
Fonte: The Guardian