[Recensione] Marvel’s Iron Fist – L’ultimo Defender è arrivato!

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Iron Fist

A pochi mesi dal rilascio di Marvel’s The Defenders fa il suo debutto su Netflix l’ultimo difensore, Iron Fist. Questa è forse, dopo Daredevil, la serie più importante per l’universo televisivo targato Marvel/Netflix in quanto va ha chiudere il cerchio, aperto per l’appunto con lo stesso Daredevil, e ad introdurre la serie che vedrà i 4 vigilanti Newyorkesi unirsi in un unico gruppo, i Difensori.

Iron Fist è in assoluto il mio personaggio Marvel preferito e dunque ho atteso questa serie con un sentimento misto, da una parte ero davvero felice di vedere una serie dedicata all’arma vivente, dall’altra ero preoccupato in quanto non è affatto facile realizzare e rendere credibile questo personaggio, soprattuto in un universo come quello televisivo Marvel. Nei giorni che hanno preceduto l’uscita di questa serie si sono susseguite molte recensioni negative arrivate dalle più autorevoli riviste statunitensi che, avendo potuto visionare i primi 6 episodi in anteprima, hanno definito la serie un disastro totale, ma sarà davvero così?


 L’immortale emerge dalla grotta

Iniziamo innanzitutto dalla trama, il nostro protagonista Danny Rand, interpretato magistralmente da Finn Jones, dopo 15 anni torna nella sua città natale, New York. Danny è miracolosamente sopravvissuto all’incidente aereo nel quale ha perso entrambi i genitori, rimasto ormai solo ed infreddolito sulle vette dell’Hymalaia è stato salvato da morte certa da dei monaci. Per 15 anni è stato cresciuto dai sudetti nel monastero di K’un-Lun, una città nascosta agli occhi del mondo, quel mondo che ormai lo credeva morto, ed addestrato nell’arte del Kung-fu per ereditare il potere dell’Iron Fist, il difensore di K’un-Lun e acerrimo nemico de la Mano. Tornato a casa, dopo un iniziale conflitto con i membri della famiglia Meachum, riprende il controllo dell’azienda di famiglia, la Rand Enterprise, essendone per diritto ereditario l’azionista di maggioranza. Qui dovrà vedersela con i vecchi amici d’infanzia Ward e Joy Meachum, interpretati rispettivamente da Tom Pelphrey e Jessica Stroup. Ma non solo, Danny scoprirà che la sua città non è poi bella e tranquilla come ricordava, al contrario, è profondamente avvolta dall’oscurità.

La trama è tutt’altro che una novità, abbiamo già visto delle cose analoghe nello show The CW Arrow e in Batman Begins, ma dopo tutto questa è la storia e poco ci possiamo fare. Durante la stagione abbiamo diversi plot twist ben collocati, che scombinano diverse volte le carte in tavola. Torna anche qui come in Luke Cage la divisione sostanziale in 3 atti, ma qua viene gestita decisamente meglio, presentando sempre una trama fresca e interessante. Fortunatamente non abbiamo un uso massiccio dei flashback, elemento che avrebbe avvicinato ancor di più Iron Fist a Arrow, ma sostanzialmente ne abbiamo 4 o 5 sparsi per i vari episodi. Ho trovato però decisamene fastidiosa la ripetitività del flashback dell’incidente aereo e l’espediente con cui viene inserito nella prima puntata, decisamente brutto ed evitabile. La scelta di non assegnare un costume al personaggio ha perfettamente senso al fine della trama, Danny non ne ha realmente bisogno; magari lo vedremo indossare la tipica maschera gialla in The Defenders quando probabilmente diventerà un vigilante e quando avrà molto più senso nascondere la propria identità (sempre che ce ne sia davvero bisogno). Le prime 4 puntate sono decisamente lente e scarne, potevano benissimo essere accorpate in 2 episodi che sarebbero risultati molto più fluidi e redditizi; ma superato questo scoglio tutto il resto della serie scorre liscio come l’olio.

Iron Fist, sin dalle prime puntate, si presenta come una serie senza un’identità ben precisa. Le precedenti serie Marvel/Netflix avevano sin dall’inizio una precisa caratterizzazione che li contraddistingueva, quell’identità che andava a sposarsi con il protagonista, Daredevil era un thriller cupo e dark, Jessica Jones un investigativo noir al femminile e Luke Cage una serie street il cui vero protagonista era il ghetto, mentre qua abbiamo diversi generi misti che privano la serie di un vero e proprio stile. Questo da un lato è un punto debole della serie, ma dall’altro anche un punto di forza, in quanto i mille generi che compongono la serie rappresentano perfettamente il protagonista, un uomo combattuto e confuso, senza ancora una vera identità, cosa che viene anche fatta notare da un personaggio nel corso della stagione.


Dall’ombra il falco spicca il volo

Tutti i personaggi, primari e secondari, della serie sono ben riusciti, interpretati e caratterizzati alla perfezione. Non voglio soffermarmi troppo su Danny, dal lato recitativo Finn Jones fa un ottimo lavoro, incarnando alla perfezione tutte le sfaccettature dell’animo del personaggio, anche la scrittura è stata ben realizzata, diluendo per tutta la stagione la crescita e la formazione del personaggio. Ma uno dei punti di forza di questa serie sono proprio tutti i personaggi, a partire da Colleen Wing, interpretata da Jessica Henwick, la ragazza asiatica che gestisce un piccolo dojo, che entrerà in relazione dal primo momento con Danny ed avrà un’ottima ed inaspettata evoluzione nel corso della serie, per passare poi a Ward Meachum, la grande sorpresa di questa serie, il personaggio su cui non punteresti mai che invece è proprio quello che ha l’evoluzione maggiore, diventando piano piano uno dei punti cardine e fondamentali dell’intera trama. Iron Fist può vantare anche un villain principale di tutto rispetto, Madame Gao (Wai Ching Ho), personaggio che con la sua crudeltà impassibile sopravvive sin dalla prima stagione di Daredevil. Profonda ed articolata per tutti i 13 episodi è anche l’evoluzione di Harold Meachum (David Wenham), padre di Ward e Joy. L’unico personaggio sottotono se vogliamo è Bakuto (Ramón Rodríguez), il sensei di Colleen, introdotto a metà stagione, non ha avuto abbastanza tempo per essere ben caratterizzato e inquadrato nella serie. Immancabile è la presenza di Claire Temple, interpretata come sempre da Rosario Dawson, personaggio che appare in tutte le serie targate Marvel/Netflix che anche qui, come già accaduto in Luke Cage, risulterà molto importante per la maturazione del nostro protagonista.

La regia è molto nella norma, non abbiamo particolari guizzi artistici, fatta eccezione per sporadiche scene disseminate nel corso della stagione, dunque non aspettatevi piani sequenza o tecniche affini perché altrimenti ne rimarrete delusi. Anche la fotografia non è poi così particolare, fatta anche qui eccezione per determinati momenti, come le scene ambientate a K’un-Lun, quelle in cui viene usato il Fist ed in alcune scene di combattimento. Ecco i combattimenti, l’abc di una serie con protagonista Iron Fist, sono davvero peculiari e ben coreografati, non aspettatevi nulla di simile a Daredevil, qui abbiamo una scelta di genere, molto affine ai film di arti marziali di Bruce Lee. La scelta è davvero ottima a mio parere ed incarna pienamente i principi di tutte le arti marziali, evitando di trasformare il combattimento in un mero espediente narrativo utile a far prevaricare un personaggio sull’altro. Gli effetti speciali sono ben curati per quanto riguarda la realizzazione del Fist, per il resto sono molto discutibili, ricorderò per sempre la scena in cui Danny evita con un salto un taxi che lo sta per investire, e non lo farò di certo per la sua bellezza. Non mancano le citazioni, non solo al Marvel Cinematic Universe e alle altre serie Marvel/Netflix, ma anche alla cultura da cui questa serie attinge a piene mani, ovvero i film di arti marziali e la cultura orientale. La colonna sonora è molto più presente che in Daredevil o Jessica Jones, non è così peculiare come il Luke Cage -in cui risultava una delle poche note positive della serie, ma quando è presente risulta piacevole e congeniale alla scena in cui è inserita.


Il drago gioca con il fuoco

In definitiva Marvel’s Iron Fist è una buona serie di formazione che però non riesce a brillare come la capostipite Daredevil. Se riuscirete a sopravvivere alle prime pesanti quattro puntate verrete poi ripagati da un buon intreccio importante per il futuro delle serie Marvel/Netflix che fa da ponte a The Defenders. Non siamo dunque difronte ad un mezzo disastro come è stato per Luke Cage, una serie che sarebbe stata ottima se non ci fosse stato proprio Luke Cage e quindi anche quel big boss ridicolo che risponde al nome di Diamondback; ma nemmeno difronte ad una serie solida e con una forte identità come lo è stata la prima stagione di Daredevil. Una serie che sta nel mezzo insieme a Jessica Jones, che saprà però regalarvi circa 13 ore di buon intrattenimento a colpi di Kung-fu, ricco di colpi di scene, sentimenti, intrighi e tradimenti.

Il falco spiccò il volo dall’ombra, viaggiò senza meta per molto tempo, ora però gli è tutto chiaro, ora sa cosa fare, ha scoperto il proprio destino ed è qui per restare.