Premessa: la review contiene opinioni personali e non si sofferma neanche troppo sulla parte tecnica del film, non sono un’esperto ma un semplice appassionato.
Buona lettura!
Silence è un film del 2016 diretto da Martin Scorsese (Gangs of New York, The Departed, The Wolf of Wall Street, L’Ultima Tentazione di Cristo, e altri), i protagonisti assoluti del film sono Andrew Garfield (The Amazing Spider-Man) e Adam Driver (Star Wars Episodio VII) nei panni di due padri Gesuiti, rispettivamente Padre Sebastião Rodrigues e Padre Francisco Garrupe che vanno in Giappone, nazione che in quel periodo perseguitava i Cristiani con metodi duri, alla ricerca del loro mentore padre Ferreira, interpretato da Liam Neeson.
Il film è tratto dal romanzo omonimo dello scrittore giapponese Shūsaku Endō, che parla delle persecuzioni verso i Cristiani nel periodo Tokugawa nella prima metà del XVII secolo in Giappone.
Silence è un film della durata di ben 2 ore e 40, che all’occhio meno attento possono sembrare quasi 3 ore di sofferenze di Cristiani, in un’epoca buia e sconosciuta ai più del Giappone. Scorsese mette i personaggi nella condizione di far passare l’inferno ai protagonisti, la cui fede viene sfidata di continuo, dagli uomini e dalle stesse credenze dei padri. Vedendo questo film non è difficile venire presi in una spirale di dolore, e che tu sia credente o no proverai quasi come se fossi lì le sofferenze umane e gli struggimenti dell’anima.
I Cristiani sono costretti a vivere nella miseria e nel silenzio della loro fede, possono professarla ma non possono mostrarla, non possono trovare conforto in quello che pensano sia la religione e il loro Deus.
Il film ha uno sviluppo piuttosto prevedibile, ma la regia di Scorsese e la fotografia sono probabilmente oltre alle musiche il pezzo forte della pellicola che dopo un inizio lento ingrana e lo spettatore viene coinvolto quasi assorbito nelle vicende.
Si fa anche un uso intelligente del Silenzio nella pellicola, che spesso è accompagnato da suoi naturali e che danno quell’idea di tensione naturale e palpabile. Le torture e le agonie dei Kirishtan sono anch’esse amplificate dall’assenza di particolari musiche se non cori, ennesima dimostrazione della fede ossessiva che certi abitanti della campagna dimostrano. Il film non presenta dei colpi scena, sebbene delle scene estremamente potenti e dialoghi interessanti che vanno oltre alla dimostrazione di fede, gli inquisitori vengono descritti come i cattivi, ma le loro motivazioni arrivano quasi ad essere sensate nel contesto paludoso e arretrato del Giappone dell’epoca Tokugawa.
Innanzitutto sappiate che Liam Neeson è importante nel film ma non è un personaggio che occupa molto minutaggio, è il deus ex machina della situazione da cui partono le vicende e che porta i personaggi di Garfield e Driver in Giappone. Ed è proprio a loro voglio arrivare, i due padri sono portati su schermo magnificamente, in particolare con un Garfield mai così in parte e mai così convincente e protagonista quasi assoluto del film.
Rodrigues è un personaggio con cui lo spettatore è portato a empatizzare, che lo sente vicino e che si comporta in modo umano oltre che da credente, mentre il personaggio di Driver è un credente quasi completamente assorbito dalla sua fede che non riesce a capire quanto anche la vita sia un aspetto della fede importante.
I vari altri personaggi che incontriamo sono tutti utili a dimostrare la potenza della fede anche nel più remoto angolo di mondo, i Kirishtan e gli Inquisitori stessi, due facce della stessa medaglia, entrambi estremi nei comportamenti ma entrambi ugualmente avvelenati da un mondo paludoso, dove non può crescere nulla se non altro odio.
Proprio questo Scorsese cerca di dire allo spettatore, la fede non sta nei simboli, non sta solo nella preghiera quanto nella credenza e nell’operare il proprio credo come essere umano e tutto ciò non finisce se non con la morte, quindi la domanda che più volte viene posta è “Abdicare è sbagliato?” La fede può essere professata nel silenzio e senza totem purché sia vera e sincera, nessuno può privarti di essa, sei te che decidi quanto questa sia o no più importante della vita stessa.
In definitiva Silence non è un film facile da seguire, non è un film di solo puro intrattenimento, è un film che per il suo regista è importante, non è una sorta di “testamento” come tutti si aspettavano ma la cura nei minimi particolari lo rende ancora più bello da ammirare, 28 anni di produzione per un film che è da vedere nella quiete più assoluta, da soli facendo così riuscirete non solo a godervelo nella tranquillità ma non vi farete sfuggire nessun silenzio.