Il mondo dell’animazione è molto più vasto di quanto, ad un primo sguardo, potrebbe sembrare: la produzione di serie animate, lungometraggi e cortometraggi in ogni angolo del mondo è talmente ampia che persino il più grande appassionato non potrà aver visto tutto, ma proprio tutto.

Come ogni altro ambito del mondo dell’arte e dell’intrattenimento, ce n’è sostanzialmente per tutti i gusti e le fasce d’età: dalle serie animate più popolari e mainstream, agli adattamenti anime di manga popolari, alle serie originali o basate su light novel provenienti dall’Oriente, e soprattutto dal Giappone, ai classici dell’animazione Disney, a proposte più eclettiche, come Love, Death & Robots, o al più recente Wolfwalkers, il mondo dell’animazione è davvero vastissimo.

Proprio per questa vastità ed enormità di produzioni, alcune opere passano, spesso ingiustamente, inosservate: che si tratti di lungometraggi che non riescono a trovare una casa di distribuzione, o che si parli di una serie passata in sordina in una stagione costellata di produzioni di grande successo, ci sono perle nascoste che meritano di essere scoperte, o riscoperte.

Da questo semplice concetto prende vita la nostra idea di creare questa rubrica, Re(d)Animation, con la quale cercheremo di farvi conoscere film ingiustamente dimenticati o snobbati, grandi serie passate in sordina, film e prodotti seriali magari dimenticati troppo facilmente o usciti in un momento storico in cui i gusti andavano in direzioni differenti. Per questo primo appuntamento di questa nuova rubrica abbiamo scelto di parlarvi di un film che, seppur inizialmente snobbato, ha convinto talmente tanto la critica da vederlo candidato agli imminenti Oscar, dove sfiderà, tra gli altri, Soul, nuovo capolavoro Disney Pixar.

Wolfwalkers – Il popolo dei lupi

WolfwalkersIl 2020 è stato senza dubbio un pessimo anno per il mondo del cinema: che si tratti di live actions o film d’animazione, numerosi progetti hanno subito rinvii, posticipi, molti addirittura sono stati rilasciati su piattaforme streaming e altri ancora sono arrivati, o arriveranno, sia al cinema che su Netflix, Disney+, Amazon Prime Video o HBOMax.  Fortunatamente questa sorte non è toccata allo studio “Cartoon Saloon” che lo scorso 26 ottobre ha rilasciato il suo ultimo lungometraggio animato, Wolfwalkers.

La storia si svolge nel diciassettesimo secolo in Irlanda; la cittadina di Kilkenny è in continua crescita e si sta espandendo, distruggendo sempre più la foresta per far spazio ai pascoli per le pecore, ma un branco di lupi continua ad attaccare il bestiame e scacciare i contadini. Questo porta il signore protettore della città, Oliver Cromwell, a ingaggiare il cacciatore inglese Bill Goodfellowe, che giunge in città insieme alla figlia Robyn e al loro falco Merlyn. Sin da subito i due vanno incontro al problema rappresentato dalla società locale: Cromwell, infatti, non tollera l’idea che vi siano ragazzi oltre le mura, costringendo Robyn rimanere in città come una prigioniera, e pone richieste infattibili a Bill, come sbarazzarsi di tutti i lupi in soli due giorni. Bramosa di poter lasciare la cittadina e di aiutare il padre, Robyn si reca di nascosto ai pascoli per fronteggiare da sola i lupi e provare il suo valore. Durante il primo burrascoso incontro con i lupi, Robyn ferisce inavvertitamente Merlyn con un dardo della sua balestra. Questi sviene e precipita, venendo poi preso da una strana ragazza dai capelli arancioni, Mebh, che si comporta come un lupo e, dopo aver intimidito Robin, se ne ritorna nella foresta. Decisa a ritrovare l’amico, la ragazza si addentra nella foresta, fino ad incontrare uno strano lupo che la morderà per errore, trasformandola in un Wolfwalker, un essere umano capace di mutarsi,dormendo, in un lupo.

Terzo e ultimo capitolo della “trilogia del folklore irlandese” (The secret of Kells, Song of the sea) del regista Tomm Moore, Wolfwalkers mantiene il particolare stile artistico che caratterizza le sue opere (un misto tra le illustrazioni da libro delle fiabe, quadri e arazzi irlandesi ) optando per un film in 2D completamente disegnato a mano. Questa scelta crea anche diversi contrasti dal punto di vista dell’animazione: dai movimenti più duri e sconnessi dei personaggi umani a quelli estremamente fluidi dei lupi, dalla totale piattezza della città alla vibrante e piena di vita profondità della foresta, per passare a scelte “filosofiche” nell’animazione, come quella di inserire diverse illusioni ottiche e raffigurazioni artistiche (influenza o citazione del film “il ladro e il ciabattino”) nelle parti ambientate nella città, sottotesto visivo di come la società umana generi spesso e volentieri una visione distorta e complessa per questioni che, in fondo, sono semplici.
Questa dicotomia tra città e foresta è presente anche a livello artistico: partendo dal classico contrasto tra città grigia e foresta ultra-saturata, l’arte del film é studiata in modo da contrapporre questi due aspetti anche nello stile; se nelle aree urbane e nel character design di chi le abita possiamo trovare una totalità di linee dure ed angoli, nelle parti naturali il tratto è molto tondeggiante con diversi richiami alla spiralità, probabilmente in un richiamo visivo al concetto del cerchio della vita.

WolfwalkersMoore non si è risparmiato nemmeno dal punto di vista della regia: Wolfwalkers presenta infatti inquadrature e cambi stilistici fatti apposta per sottolineare lo stato emotivo dei personaggi in quel momento: vi sono dalle inquadrature estremamente distanti e volutamente confuse per indicare quando un personaggio si sente perso; la presenza delle “boiling lines” in momenti di estrema fatica o stress, così come l’estrema distorsione o stilizzazione degli sfondi in quelle occasioni, o ancora il cambio di formato dello schermo che si racchiude intorno al personaggio per farci sentire l’ansia di quest’ultimo.

Si potrebbe quindi pensare che Wolfwalkers abbia, come maggior pregio, la direzione artistica nella scelta di stile e immagini, ma non è assolutamente così. La recitazione dei doppiatori, ad esempio, è spettacolare ed in lingua originale fa completamente immedesimare con il film, dato il tripudio di accenti piu o meno marcati al suo interno, oltre che alla delivery che si sposa ottimamente con l’ampia gamma emotiva che ogni ruolo domanda. La colonna sonora risulta meno bella e predominante rispetto al precedente Song of the Sea (va anche detto che in quel caso la musica era parte integrante della trama) ma comunque supporta più che dignitosamente le immagini sullo schermo e suoni di sonagli e campanellini, in scene che hanno elementi magici, sono un gradito ritorno.

Dal punto di vista della trama abbiamo alti e bassi: se da un lato il film può risultare banale per chi abbia visto Balla coi lupi o conosca la storia attraverso altri sue interpretazioni (Pocahontas, Avatar), dall’altro i temi della diversità e del diritto alla libertà sono espressi molto bene attraverso le azioni dei personaggi o alle loro emozioni.
I personaggi hanno un’ottima scrittura: ognuno dei nostri protagonisti mostra le proprie insicurezze o paure (Bill ha paura di perdere sua figlia, Robyn é insicura riguardo al suo posto nel mondo, Mebh in fin dei conti ha paura di rimanere da sola e persino Cromwell l’antagonista ha  paura di deludere Dio per non esser stato degno del ruolo a lui attribuito) ma ognuno con la propria dignità ed identità; i personaggi, poi, sono pochi ma decisamente buoni, ognuno con il proprio spazio all’interno della narrazione.

E’ impossibile parlare di Wolfwalkers senza confrontarlo con “Song of the sea” viste le similitudini ed il fatto che in entrambi i film l’arte la faccia da padrona: se da un lato l’animazione del primo prevale sul secondo, quest’ultimo presenta una storia più potente e un miglior comparto sonoro. Tuttavia questo non vuol dire che sia un film mediocre, al contrario: a livello tecnico Wolfwalkers è superiore a qualsiasi altro film di quest’anno, e la storia, per quanto già vista, regala comunque parecchie emozioni allo spettatore grazie alla grande performance recitativa di tutto il cast. Se siete amanti dell’animazione non lamentatevi del 2020, perché questo film ha concluso il terribile anno in bellezza.

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