Negli ultimi giorni si sta facendo un gran parlare dell’approdo di Neon Genesis Evangelion su Netflix: la celeberrima serie anime prodotta da Studio Gainax e ideata da Hideaki Anno è una di quelle opere che, da ormai più di vent’anni, continua a far parlare di sé. Purtroppo, in questo caso, la maggior parte dei discorsi non vertono sulla qualità e sull’impatto mediatico e sociale di questa straordinaria serie animata, quanto su un aspetto che ne sta, di fatto, rovinando la fruizione a chi ha deciso di vederla su Netflix. Il problema di questa nuova versione della celebre opera è legato al doppiaggio, o meglio, all’adattamento, rifatto da zero, che ha apportato diverse modifiche a termini e dialoghi presenti nei 26 episodi che compongono Neon Genesis Evangelion.
Il problema nasce da una questione legata ai diritti: Netflix ha acquisito i diritti per la distribuzione della serie e dei due film successivi, ma non quelli del lavoro di localizzazione originale, trovandosi costretta a ri-doppiare la serie. A proposito del doppiaggio, il cast di doppiatori è di livello decisamente più che buono, che annovera interpreti come Domitilla D’Amico (voce di Scarlett Johannson e Krysten Dunst), Roberto Draghetti (doppiatore di Jamie Foxx e Idris Elba), Sara Labidi (doppiatrice di Arya Stark in Game of Thrones) e Barbara De Bartoli (voce di Naomi Watts, Sarah Jessica Parker e Marisa Tomei), oltre al ritorno del doppiatore storico della serie “originale”, Oliviero Dinelli, voce di Fuyutsuki.
Spesso si fraintende la grande differenza tra adattamento e doppiaggio, e questo è sicuramente uno di quei casi: le molte critiche lanciate contro il nuovo doppiaggio della serie andrebbero invece rivolte nei confronti dell’adattamento, diretto da Gualtiero Cannarsi, storico adattatore dei prodotti di Studio Ghibli e responsabile, in parte, dell’adattamento dello stesso Neon Genesis Evangelion nella sua prima versione italiana. Non si tratterebbe del primo caso di critiche nei confronti dell’operato di Cannarsi: il direttore ha infatti ricevuto spesso critiche per le metodologie di traduzione dei film dello Studio Ghibli, tra i quali spicca sicuramente La Principessa Mononoke, oggetto anche di diverse parodie. La critica mossa spesso all’autore è il linguaggio utilizzato, considerato desueto, e lo stile che appare difficilmente comprensibile, a causa di una sintassi ricca di dislocazioni e costruzioni non comuni; secondo tali critiche, queste scelte risulterebbero fuori luogo e causerebbero un senso di estraniazione nello spettatore italiano.
Ulteriori critiche sostengono che Cannarsi non operi alcun adattamento, bensì traduca letteralmente (pur avvalendosi egli stesso di traduttori) i costrutti delle frasi giapponesi; tale conseguenza avrebbe portato a una resa linguistica particolarmente farraginosa. Cannarsi in numerose interviste avrebbe affermato che la poca naturalezza dei suoi adattamenti secondo alcuni ascoltatori sia un “effetto collaterale” di un operato rivolto alla resa più precisa possibile del “dettaglio linguistico” dei dialoghi giapponesi; ha definito il suo metodo come “obiettivo” e caratterizzato dalla fedeltà all’originale e dal mantenimento della cultura di origine dell’opera. Tuttavia, seppur non si tratti di fonti verificate, alcune analisi dei copioni giapponesi e confronti con quelli italiani avrebbero sollevato dubbi sulle tesi di Cannarsi, affermando che i suoi adattamenti alterino considerevolmente senso, forma e a volte anche sostanza delle battute originali.
E’ per questo che vogliamo sostenere con forza la difesa del doppiaggio, confermando la nostra posizione a difesa della scuola di doppiaggio italiana, considerabile senza ombra di dubbio la migliore per quanto riguarda il panorama occidentale, con doppiatori di enorme talento e tecnica. Al contrario, per quanto riguarda l’adattamento e la traduzione ci troviamo di fronte ad un caso, non così raro, di lavoro la cui resa finale potrebbe risultare, per molti, decisamente insoddisfacente.
Tra tutte le differenze riscontrate rispetto all’adattamento originale del 2000, l’elemento che più ha scatenato polemiche è sicuramente quello che, in termini di importanza e di fedeltà all’originale, dovrebbe essere considerato il problema minore, ovvero l’utilizzo del termine “Apostolo” al posto del più noto “Angelo”, utilizzato per indicare i misteriosi mostri contro i quali combatteranno Shinji e compagni.
La scelta dell’utilizzo della parola Apostolo è semplice e, almeno in questo caso, con una logica di fondo comprensibile: nel parlato della serie originale, i misteriosi esseri contro cui combattono gli Eva sono chiamati “shito”, ovvero Apostolo, e non “tenshi”, cioè “Angelo” (si, lo stesso “tenshi” della celebre opening, Zankoku na tenshi no these). La traduzione è quindi corretta, se non fosse per il fatto che all’interno della stessa serie ci sono indiscutibili riferimenti alla parola Angel. Inoltre, ma si tratta di un’affermazione errata, da sempre vige la tesi secondo la quale sia stato lo stesso Hideaki Anno, creatore della serie, a dichiarare che, al di fuori dei confini giapponesi, il termine più corretto da utilizzare sarebbe stato, per l’appunto, Angelo. Alla luce di recenti chiarimenti, possiamo però affermare che si tratti di una tesi infondata e, per tanto, da non tenere in considerazione. Occorre poi ribadire, come già detto in precedenza che, angeli o apostoli, non è certo l’utilizzo di un termine, per quanto legato ad elementi fondamentali della serie, a poter determinare la bontà di un adattamento.
La stessa Netflix ha voluto ironizzare sull’argomento trend della giornata, con un tweet decisamente autoironico:
“Com’è andata oggi a lavoro?” pic.twitter.com/G32MDyqarf
— Netflix Italia (@NetflixIT) 21 giugno 2019
Ma, come dicevamo prima, la diatriba Angelo/Apostolo non è assolutamente la parte peggiore, così come non lo sono le modifiche che hanno portato la “Berserk mode” a diventare “Stato di furia” e l’EVA01 che è diventato Unità Prima perché, per quanto possa dare fastidio dover abbandonare termini utilizzati per oltre vent’anni, sono comunque traduzioni che non fanno perdere il senso di quello che stiamo guardando.
Il vero motivo di discussione sono infatti i dialoghi.
Un adattamento che, come in altri casi dei lavori di Cannarsi, viene definito e recepito, e per questo criticato da molti, come esageratamente barocco, a volte desueto, con costruzioni grammaticali a tratti arzigogolate, che spesso possono sembrare intente a dare un “sapore” aulico al linguaggio, ma che in realtà vengono intese dallo spettatore come errate.
L’esempio che viene spesso citato in queste ore è a dir poco emblematico, e viene dal terzo episodio, ” Un telefono che non squilla”: in questo episodio, arriva l’attacco del secondo Angelo/Apostolo e, come sempre in questi casi, la città viene fatta evacuare, con i cittadini che si rifugiano in bunker sicuri e lontani dallo scontro imminente.
Nella versione sottotitolata, il membro dell’organizzazione NERV afferma che “l’evacuazione risulta completata”, mentre, nella versione doppiata, la resa è la seguente:
Come potete notare, nonostante il significato delle due affermazioni sia esattamente lo stesso, la resa è totalmente differente: la versione nel nuovo adattamento può risultare, alle orecchie, macchinosa, nonostante sia assolutamente corretta dal punto di vista sintattico e grammaticale.
Qualunque sia la motivazione dietro scelte di dialogo del genere, quel che è palese è che, soprattutto per chi si avvicini la prima volta ad una serie di culto come Neon Genesis Evangelion, dialoghi costruiti in maniera così poco immediata per un utente medio potrebbero risultare un deterrente non da poco, e sarebbe un vero peccato.
Per chi invece, come chi vi scrive, l’approdo su Netflix è una scusa per rivedere nuovamente una delle serie più importanti di sempre, la versione doppiata potrebbe sembrare un curioso mix tra materiale da meme e motivo di disprezzo.
Occorre anche però precisare che, al netto di un adattamento che possa attirare critiche più o meno fondate, una discreta fetta di “colpa” in questa situazione è da attribuirsi anche al fandom di vecchia data: scatenandosi contro il nuovo adattamento della loro serie preferita, diversi utenti e pagine piuttosto famose non hanno certo colpito il motivo della loro critica, ovvero l’adattamento e chi ne è responsabile, ma hanno letteralmente trasformato una serie come NGE in un teatrino di meme e rancori, alcuni nemmeno legati alla serie in sé, impedendone una fruizione scevra da pregiudizi a chi, non avendola vista all’epoca, avrebbe voluto approfittare di Netflix per scoprire quello che, come detto in precedenza, è uno dei capolavori dell’animazione giapponese.
Il rischio di veder rovinata un’opera di questo calibro è decisamente alto e, a giudicare dalla pioggia di critiche e dalle reazioni sui social, l’operazione Neon Genesis Evangelion su Netflix non è partita con il piede giusto.
Se hai letto questo articolo, ti potrebbe anche interessare:
- Neon Genesis Evangelion – La Divina Commedia dell’Animazione Giapponese | Speciale
- Neon Genesis Evangelion arriva su Netflix da 21 Giugno
- Evangelion: 3.0 + 1.0 – E’ iniziato ufficialmente il doppiaggio della pellicola
- Evangelion 3.0 + 1.0 – Rilasciato il teaser trailer