Black Science: Volumi 1-8 di Rick Remender e Matteo Scalera | Recensione

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Black Science

In occasione dell’uscita del nono ed ultimo volume di Black Science di Rick Remender e Matteo Scalera, abbiamo deciso di fare un salto nell’avventura fantascientifica pubblicata da Bao Publishing, giunta all’ottavo volume in Italia.

Grant McKay è uno scienziato brillante ma eccentrico a capo della Lega Anarchica degli Scienziati e, con dei fondi di una multinazionale riesce a decifrare la Scienza Nera, traguardo che gli ha permesso di creare un oggetto, Il Pilastro, con il quale può attraversare le barriere che separano i mondi. Deciso a salvare il mondo da sé stesso, Grant organizza una squadra formata dal suo capo Kadir Aslan, il suo apprendista Shawn, la sua collega ed amante Rebecca e la guardia speciale assegnata al suo gruppo, Ward. Quando però l’uomo deciderà di portarsi dietro anche i figli, Pia e Nate, un incidente li farà naufragare nell’ogniverso e l’unico modo che avranno per tornare a casa sarà andare sempre avanti fino a quando non troveranno un Pilastro abbastanza avanzato da poterli riportare sulla loro terra.

Black Science, sin dall’incipit, pare un’avventura che dovrebbe essere divertente, un colorato viaggio nell’ogniverso, ma fin dai primi numeri capiamo che, nonostante la fantasiosa partenza, nessuno aveva messo in conto il fattore umano. Infatti, i Dimensionauti di McKay e Kadir sono esseri umani e quindi hanno desideri, opinioni e pensieri contrastanti, e presto iniziamo a scoprire come ognuno dei dimensionauti sia lì per un motivo personale e che non ha a che fare con la salvaguardia dell’umanità e persino McKay, l’ideatore del viaggio, non sfugge a questa logica. Grant è infatti un geniale scienziato, ma si è chiuso in un laboratorio per anni, trascurando la famiglia e questa sua decisione di portare i suoi figli a vedere la sua più grande creazione all’opera è sia irresponsabile che veramente meschina nei confronti della moglie e dei suoi stessi figli, che non hanno chiesto di essere lì, se non per volere passare più tempo con il padre. Kadir è il meschino di turno, uomo d’azienda pronto a prendersi i meriti di risultati altrui e con una faida molto vecchia con McKay. Rebecca, la più normale del gruppo insieme al protetto di McKay, Shawn, nasconde anche lei un segreto, un motivo personale che nemmeno il suo amante conosce. E’ proprio questo il fulcro della storia, non il viaggio, ma i personaggi: attraverso un’impossibile situazione siamo portati a conoscere un gruppo eterogeneo di esseri umani costretti a confrontarsi con i propri demoni e la propria vita mentre tentano di sopravvivere. Remender ovviamente userà tutte le possibili influenze fumettistiche e cinematografiche per rendere il viaggio il più incisivo e diverso di salto in salto possibile, creando così un ogniverso interessante e che non si regge solamente su mondi alternativi ma su civiltà completamente ribaltate e anche su una pesante critica al capitalismo più sfrenato ed alle multinazionali nella forma di Kadir prima e poi del suo capo.

I disegni sono affidati a Matteo Scalera, disegnatore che proprio grazie a Black Science raggiunge un’incredibile notorietà con questo lavoro, spigoloso ed estremamente realistico sia nel creare l’equipaggiamento dei dimensionauti che nella creazione dei mondi, dei mostri e delle altre forme di vita conosciute durante il viaggio del gruppo. Ogni numero è un tripudio originale e citazionistico al retaggio fantascientifico da cui gli autori prendono a piene mani, che siano fumetti di altre compagnie, che siano film o libri o addirittura fumetti precedenti dello stesso Remender. Ogni movimento action del fumetto è estremamente cinematografico e dettagliato, sia negli sfondi che nei movimenti e nel taglio che viene dato alle inquadrature. Scalera, da questo punto di vista, ha fatto un ottimo lavoro e ha saputo decisamente sovvertire qualsiasi aspettativa si avesse all’epoca su una storia che, seppur con potenziale, sembrava già vista e rivista.

L’ispirazione principale di Rick Remender (Uncanny X-Force, Fear Agent) non passa di certo inosservata al lettore più esperto. Stiamo parlando dei Fantastici 4, anche se con un tono parecchio dark, che sicuramente rende le cose quanto più dissimili dal quartetto di casa Marvel, e molto più un omaggio dell’autore ai personaggi e ad un certo tipo di fantascienza avventurosa, stile anni ’60, che si era andato a perdere ed a cui l’autore, sin dai tempi di Fear Agent, si è dimostrato parecchio interessato. Complice un team di spessore come l’allora non eccessivamente noto Matteo Scalera al tavolo da disegno e i colori di Dean White, colorista noto per le sue collaborazioni con due grandi artisti come John Romita Jr su Kick Ass e Jerome Opena, ci siamo trovati catapultati in mondi fantasiosi, oscuri, normali o anche eterei ed ora che il viaggio sta per finire non si può non amare l’affresco umano e fantastico che questo grande team ha creato in 8 volumi.

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