[Recensione] Legion Stagione 2 – L’illusione dell’essere eroi

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Legion

E’ terminata ieri sera su Sky la seconda stagione di Legion, serie di FX che anche quest’anno grazie al genio ed alla sregolatezza di Noah Hawley si è dimostrata una delle visioni più imperdibili del 2018.

David Haller (Dan Stevens) è scomparso da ormai un anno e i Mutanti di Summerland: SydCary/KerryPtonomy e Melanie sono entrati a far parte della Divisione 3, condividendo ora l’obiettivo di fermare per sempre Ahmal Farouk aka Shadow King e proteggere l’umanità da tutti quei pericoli Mutanti che non vogliano adeguarsi ad una pacifica convivenza con gli esseri umani. David, riapparso misteriosamente sarà trasportato al Quartier Generale della Divisione 3 e interrogato per scoprire cosa gli sia successo in quest’anno. I più dubbiosi sul ritorno del potente Mutante sono Ptonomy e Clark (Hamish Linklater), uno dei membri che della Divisione che davano la caccia ai Mutanti nella prima stagione. Nel mentre una minaccia si insinua nelle città e nella mente degli esseri umani, un attacco psichico che sotto forma di virus contamina sempre più persone e porta la Divisione ed i Mutanti alla considerazione che ci possa essere un collegamento con Farouk e David.

Hawley e gli sceneggiatori si divertono quest’anno con un budget più ampio a portare Legion su un altro livello che gli permette di sbloccare una condizione che mancava a questa serie nella sua prima stagione a causa del budget ossia la coralità. Con lo stratagemma del virus che si insinua nella mente della Divisione 3 e dei Mutanti di Summerland facciamo uno dei viaggi più intimi possibili per una persona, quello nella mente degli altri. David sarà quindi portato a confrontarsi con la verità celata dietro le apparenze e con i desideri nascosti nella mente dei suoi compagni, così come della sua amata Syd, tutt’ora in dubbio sul suo ritorno indenne e incerta sui sentimenti che prova per lui. Ognuno dei Mutanti, ma anche lo stesso Clark della divisione 3 riesce finalmente a trovare la sua dimensione e la sua funzione all’interno di una storia che per quanto vedesse degli X-Men protagonisti non riuscisse completamente a mostrare quelle dinamiche da X serie che invece nei fumetti, anche i pochi su Legione, c’erano. La stagione ribadisce inoltre che non ci sono eroi, non ci sono villain, qui trovate esseri potentissimi che si scontrano su un livello che non potete nemmeno immaginare ed è tremendamente bellissimo e terrificante allo stesso tempo – l’illusione di essere ciò che non si è diventa essa stessa il pericolo in un mondo dove esseri così potenti plasmano realtà e persone.

Il male, rappresentato da Farouk nella prima stagione, quest’anno si sdoppia diventando anche un’idea, una sorta di illusione che entra subdolamente nella mente degli esseri umani e li fa agire in modo a loro “giusto” ma che dalla maggior parte viene percepito come sbagliato. Il virus all’inizio della stagione si schiude, portando con sé un’idea distorta e con essa rivolta la vita dei personaggi e di tutto il mondo, portando la battaglia al livello successivo, quello del piano astrale, nuovamente punto importante e luogo di scontro puramente mentale di Shadow King e David.

Hawley e il suo team però non danno solo contesto e un passato più definito ai “buoni” ma anche ai cattivi, Shadow King, incarnato da Navid Negahban e Lenny (Aubrey Plaza) diventano così due identità separate, due che sono uno, ma che allo stesso tempo si scindono quando l’utilità di Lenny viene richiesta altrove e non più sul piano astrale ma sulla terra. Ahmal Farouk in questi 11 episodi diventa più di una minaccia, diventa un “rivale”, una possibile versione di David e forse anche il suo unico amico, in un modo che lo teme e lo odia. Splendida l’interpretazione di Negahban che da finalmente al personaggio quel tono aristocratico e maestoso che richiederebbe una rappresentazione di questi in un live action. Aubrey Plaza dà effettivamente vita al personaggio che Farouk le aveva costruito intorno, facendole fare le sue scelte e mettendola nei panni dei personaggi, per poi farle trovare una strada inaspettata che apre scenari troppo stuzzicanti per il futuro della serie.

D’altro canto il nostro David matura tantissimo; arriva ad una comprensione maggiore dei suoi poteri e di come utilizzarli riuscendo ad accedere anche ad aree remote della sua mente che gli erano state precluse, chissà da chi. Dan Stevens è fenomenale, una forza della natura che nella sua interpretazione ha dato tantissimo e ridà tanto a quello che è il David Haller dei fumetti, controllato ma a tratti impulsivo e poi impulsivo ma a tratti controllato, potente ma spaventato, potente e pronto a tutto. Non è un eroe, non è un villain, non sa cos’è o forse lo sa? E’ Legione.

Dal punto di vista puramente visivo, Noah Hawley già ci aveva abituato non bene di più nella prima stagione e qui con più budget non si smentisce mettendo su uno spettacolo di luci stroboscopiche, danze, musica, effetti digitali e pratici tra cui alcuni giochi con la camera che ingannano le proporzioni, veramente notevole. Ma certamente lo showrunner non è uno sprovveduto e sa bene come gestire tutti questi elementi fantastici e psicadelici in modo da non renderli fastidiosi e nemmeno non voluti. Lo scontro finale di questa stagione, visivamente ma anche per fedeltà al materiale di origine degli X-Men si è dimostrato spettacolare a vedersi.

Legion Stagione 2 si dimostra dunque un ottimo prodotto che supera le aspettative che già l’ottima prima stagione aveva creato e che si conclude con un cliffhanger degno di nota e gestito con tutti i crismi, non inaspettato ma neanche facile, un percorso difficile è iniziato per David e noi siamo pronti ad accompagnarlo.

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