Morto Stalin, se ne fa un altro(in originale The Death of Stalin) è una pellicola del 2017, scritta e diretta da Armando Iannucci, secondo film del regista Scozzese, con protagonisti Steve Buscemi, Jason Isaacs, Simon Russel Beale, Paddy Considine, Michael Palin e Jeffrey Tambor.
Prima di addentrarci nel film, bisogna fare una piccola premessa, che ha a che vedere con lo sceneggiatore e regista del film, Armando Iannucci, innanzitutto chi è? Iannucci è il creatore di The Thick of It e In The Loop oltre che di Veep – Vice presidente incompetente; i primi due prodotti sono figli di un genere di satira che non tutti sanno fare, quella politica e senza parti. Infatti in The Thick of It e In The Loop, abbiamo le storie di un possibile governo Inglese con tutte le sue magagne, raccontate tramite un humor invidiabile che ha anche della verità in esso. Detto ciò passiamo al film.
La pellicola si ambienta nel 1953, dopo che Iosif Stalin (Adrian McLoughlin), capo supremo dell’Unione Sovietica, crolla a terra a causa di un malessere. Il suo comitato, costituito da Nikita Chruščёv (Steve Buscemi), Georgij Malenkov (Jeffrey Tambor), Vjačeslav Molotov (Michael Palin) e il depravato capo della polizia Lavrentij Berija (Simon Russel Beale) si riunisce per decidere la sorte dell’unione, e quando alla fine nulla è più possibile, inizia un teatro folle, che vede al centro una lotta per il potere, che rischia di mettere in crisi il paese.
La pellicola si divide idealmente in tre atti, come una commedia teatrale, e in un certo senso lo svolgimento ridà molto al teatro che Iannucci mette in tutti i suoi lavori, data dalla sua formazione. La prima parte segue gli ultimi momenti di vita di Stalin e i primi momenti dopo il suo trapasso, la seconda segue il momento appena dopo il suo decesso, con la divisione dei compiti e la terza parte finale, riguarda il funerale.
Il film dipinge un quadro impietoso della figura di Stalin, aderendo così alla storia più recente che ha in un certo senso sfatato il mito che si era costruito il dittatore, e facendo ciò ci illustra anche i suoi ministri, tutti esseri umani con le loro debolezze, ma che in fondo sono subdoli come lo stesso compagno capo supremo. Spiccano decisamente su tutti Nikita, interpretato da Buscemi e Berija, interpretato da Beale; i due sono ai capi opposti, sempre quando si tratta di politica, affari o anche piacere come avvenimenti sociali, sono i due personaggi che hanno più spazio all’interno di tutta la pellicola e intorno a cui gravitano tutti gli altri personaggi, compreso il Georgij Žukov, interpretato da Jason Isaacs.
Gli altri personaggi, possiamo dire gregari dei nostri due principali protagonisti, hanno tutti una loro ben definita psicologia, vi è il sempre pauroso, Malenkov, prima fedele solo per paura di possibili ritorsioni ora grande carica dell’unione(e con grande sorpresa di tutti), Molotov, l’eterno indeciso e molti altri, tra cui gli stessi figli di Stalin che nel secondo e terzo atto giocheranno un ruolo abbastanza importante, sicuramente divertente per quello che riguarda il Vassilij Stalin di Rupert Friend.
Lo sceneggiatore racconta tramite un humor tagliente, duro e sempre incisivo una società come quella sovietica vista con un occhio distaccato che gli permette di costruirci sopra delle grandissime gag, che fanno ridere lo spettatore, ma proprio questa risata, non è solo di divertimento, infatti, ha anche un retrogusto amaro, come in generale tutta la vicenda, raccontata con dovizia di particolari, ma con una sensibilità totalmente Inglese.
Registicamente, la pellicola si dimostra il lavoro più maturo di Iannucci che fa un uso solido della macchina da presa, ma si prende anche alcune libertà che rendono il tutto, ancora più interessante. Ad esempio il violento ma aggraziato distacco che la macchina da presa prende in vari momenti per mostrare ancora più da lontano il gioco di potere che sta avvenendo a Mosca. O ancora le riprese che mostrano in primo piano la ricerca di un direttore di concerto e in secondo piano, chiaramente le deportazioni dell’NKVD di Berija, immagini comiche al centro accompagnate da crudeli momenti che danno a tutta la scena un impianto grottesco.
Dal punto di vista del montaggio, Peter Lambert fa un ottimo lavoro, riesce a dare continuità a molte sequenze che da un punto di vista di arco temporale sarebbero sfasate.
“Morto Stalin, se ne fa un altro” non è una pellicola comica, non mira a strappare solo qualche risata agli spettatori, certo riesce anche a fare quello, ma si concentra molto di più sul grottesco governo russo e su tutto quello che Stalin e i suoi burocrati hanno fatto, facendoci vedere la situazione con un occhio distante, non facendoci parteggiare per nessuno, nemmeno per Nikita, il personaggio più bistrattato dai suoi amici e quello che invece arriva più in alto, quello che porta il pigiama sotto lo smoking se deve.
Se non avete ancora visto questo film, corrette a vederlo, sopratutto se ne avete la possibilità e se avete una delle 60 sale vicine, dato che la distribuzione Italiana si è dimostrata estremamente poco curante di questa pellicola che invece meritava un trattamento più rispettoso. Qui sotto un’immagine con le sale che lo proiettano.