[Recensione] Westworld Stagione 2 – is this real?

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Westworld Stagione 2

Si è conclusa Domenica notte la seconda stagione di Westworld, la popolare serie di HBO creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy.
In questa seconda stagione la serie è stata oggetto di molte critiche sia comprensibilmente rivolte a causa di evidenti problemi che nella prima stagione non c’erano, sia ingiustificate e che per lo più costituivano motivo di interesse per il loro ruolo nel grande schema futuro.
La serie si apre dopo la rivolta dei residenti del parco nel finale di stagione, Dolores (Evan Rachel Wood) inizia la sua rivoluzione mentre è alla ricerca di “Glory”. William (Ed Harris) verrà ingaggiato in un gioco da parte del deceduto Ford (Anthony Hopkins) e che lo porterà a rivivere fasi delicate della sua avventura nel parco, come un test molto elaborato e doloroso che gli farà mettere in dubbio la sua stessa realtà. Bernard (Jeffrey Wright) ora cosciente di essere un robot è anche lui inserito su una strada molto pericolosa che lo avvicinerà a Glory e al segreto che la Delos tiene nascosto nel parco e di cui nessuno sapeva nulla a parte la Delos e ovviamente Robert Ford. Mentre Maeve (Thandie Newton) è alla ricerca della figlia insieme a Hector e Lee Sizemore e inizia a scoprire tutte le abilità nascoste all’interno del suo codice in un viaggio che porterà lo spettatore alla conoscenza del vasto Westworld e di Shogunworld.


Le Linee Temporali

Westworld 2x04
Anche in questa stagione di Westworld si è stato fatto ampio uso di numerose linee temporali funzionali ad esigenze di trama, come gli evidenti malfunzionamenti di Bernard.

“Is this real?”

Sia per cercare di rendere più misterioso e complesso il viaggio in questo fantascientifico mondo. L’idea in sé non era per nulla irrealizzabile e persino la maggior parte di queste linee potevano essere interessanti, nonostante lo spettatore fosse comunque più attirato da tutto quello che girava intorno a Bernard e William; il problema è arrivato con la moltitudine di linee temporali che sono arrivate dopo, così tante, che il montaggio di molte di scene ne è risultato confuso. La fruizione delle linee temporali non risulta confusa tanto nella prima parte dove sono tutte abbastanza separate nettamente quanto più nella seconda, quando ci si avvicina sempre di più all’arrivo di Karl Strand (Gustaf Skarsgard) nel parco e tutto quello che concerne il presente. La prima parte seppur molto lenta e con tantissimi difetti soprattutto nella storyline di Dolores, che non portava nulla al personaggio riusciva a tenere lo spettatore ben vigile senza dargli particolari problemi, ma con l’arrivo di Shogunworld il tutto è purtroppo degenerato con degli evidenti problemi di montaggio e di gestione delle storie, rendendo il tutto chiaro, ma comunque con vari punti non concretamente sviluppati nell’arco della puntata perché ben più utili per qualche avvenimento successivo – chiariamo che non è assolutamente un errore, quanto più una scelta infelice per come è stata gestita la scorsa stagione, che con gli stessi metodi aveva avuto risultati ben più soddisfacenti. Maeve e il suo gruppo di “scout” hanno sia dato gioie in questa stagione, dato che molta dell’azione e del world building li vedeva implicati che è difficile non dedicarle un attimo, forse la storyline che è stata più chiara e precisa, quella che lo spettatore non solo trovava di immediata comprensione ma anche più in linea con il generale stile che contraddistingueva Westworld; abbiamo viaggiato ai limiti del parco e abbiamo visitato Shogunworld, così ché ci fosse anche un certo mutuo scambio tra Maeve e gli spettatori, quello della conoscenza. Il mistero che circondava in generale tutta la trama thriller/spy di Bernard rientra definitivamente però nei pregi di questa stagione, quella porzione di storia che è stata gestita decisamente in maniera più convincente che quella della sua creatura, anzi della creatura di Arnold, ossia Dolores, le due storie trovavano quindi incredibile giovamento quando si incontravano e davano modo allo spettatore di vedere creatura e creatore insieme, se non interagire, almeno agire su lati opposti, con un fine comune, “L’oltrevalle”. Conclude le linee temporali, di cui ci è permesso discutere senza spoiler, William, che continua a sfidare sé stesso e Ford, in una ricerca che si interseca ormai periodicamente con Dolores, quasi a voler essere un’ulteriore vago eco di un passato più semplice, anche questa come quella di Maeve è quella che più rappresentava quel vecchio Westworld che nella prima stagione aveva appassionato tante persone.


Informazioni, Vita Eterna e la Realtà


Tornano elementi vincenti della prima stagione, uno tra i tanti l’informazione come valuta di scambio ed investimento della compagnia, il tutto rappresentato dal personaggio di Skarsgard, Karl Strand. Come diceva Michael Chricton (ideatore del concept del film Il Mondo dei Robot, a cui si ispira la serie), “Nella società dell’informazione, nessuno pensa.” e nel momento in cui nessuno pensa, arrivano quelli che ne approfittano e carpiscono pensieri ed informazioni a loro uso e consumo, questo è Delos, questo è il mondo della tecnologia e dell’informazione un mondo che pensa al posto vostro. La mortalità e le priorità degli esseri umani vengono nuovamente indicate come grandi buchi nel codice dell’umanità, buchi che creano compagnie senza scrupoli e dedicate solo al profitto come la Delos, che seppur fatte da esseri umani perdono quel senso di civiltà che li contraddistingueva trasformandoli in subdoli arrivisti come il personaggio interpretato da Tessa Thompson, Charlotte Hale. Sarà la morte incombente e l’impossibilità di scapparle, ma anche la stessa ricerca della continua immortalità da parte dell’essere umano a dettare legge quando i potenti avranno i giorni contati e avranno a disposizione le tecnologie e le conoscenze per impedirlo, Jim Delos ne è un esempio lampante e il suo “discepolo” e marito di sua figlia, William, non è da meno. Ovviamente gli sceneggiatori non potevano non inserire all’interno di questa stagione una via di uscita, un’altra alternativa al mondo, la Culla, una realtà virtuale tanto ramificata ed isolata che è molto più strutturata di un qualsiasi codice del parco; la culla è una sorta di alveare dove ogni mente è messa in storage ed è tenuta al suo interno, ne viva ne morta, è solo lì come un backup di riserva, come una seconda possibilità. Ma questa seconda possibilità apre ulteriori questioni, come può l’essere umano stesso sopravvivere la realtà? Può adattarsi ad una falsa vita che non gli è più dovuta?
Certamente i dilemmi morali continuano in questi 10 episodi e ce ne sarebbero sicuramente abbastanza per farci un libro, cosa che probabilmente, qualcuno farà un giorno.


Attori e comparto Tecnico

Già la prima stagione ci aveva offerto delle solide interpretazioni, alcune anche inaspettate come quella di Luke Hemsworth nel ruolo di Stubbs, che in questa stagione per quanto sia molto meno presente rappresenta una figura strana all’interno del parco, una “residente umano” che sa qual è il suo posto e lo difenderà ad ogni costo. Ed Harris, Jeffrey Wright e Thandie Newton invece in questa stagione stupiscono ulteriormente: il William incarnato da Harris è uno spietato pistolero, alla ricerca della porta che Ford gli sta sventolando davanti, un uomo perso nel suo stesso gioco, che non sa più cosa è realtà e cosa è finzione. Jeffrey Wright, regala invece il perfetto antagonista a Dolores, un ritratto dell’imperfetto essere umano che l’ha creata ma allo stesso tempo una sua versione migliore e più coscienziosa di sé e con un libero arbitrio che solo un umano può bramare di avere, che non è riuscito a conquistare in nemmeno i 20 anni o più in cui è stato un dipendente della Delos, perché incredibilmente chiuso nei suoi circuiti, nelle sue manie e nelle limitazioni del suo stesso pensiero. Thandie Newton, anche grazie ad una presenza in scena molto più massiccia che quella dell’anno scorso riesce a brillare e far ricredere molti dei suoi hater sull’effettiva utilità non solo del personaggio, ma anche sulle capacità dell’attrice, la Newton è come la sua Maeve, una trascinatrice.
Regia e fotografia non sono nemmeno da commentare, con esperti come Vincenzo Natali (Cube) al lavoro sulla serie, la qualità tecnica è impareggiabile ed è perfettamente completata da delle immersive musiche curate da Ramin Djawadi, che riadatta persino le sonorità della prima stagione a questa seconda stagione incrementandone la solennità e il senso di pericolo e catturando lo spettatore anche con l’orecchio.


Conclusione

Questa seconda stagione di Westworld ha dimostrato nuovamente la buona fattura dello show, che in mezzo a tantissimi altri prodotti riesce comunque ancora a fare quello che Lost e dopo Game of Thrones nei loro anni d’oro facevano, raduna gruppi di amici settimanalmente a parlare della serie a teorizzare e cercare di interpretare anche i significati nascosti all’interno della serie, sia per propria morbosa curiosità sia perché ormai nel bene e nel male sono stati catturati da questo mondo e da questi personaggi che sono reali tanto quanto lo è ormai il parco nell’immaginazione dello spettatore.


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