La Casa alla Fine del Mondo, romanzo di Paul G. Tremblay, nel 2018 fu un successo di pubblico e critica. Il titolo impressionò il pubblico per la sua particolarità narrativa e la sua potenza, derivante da una suspense continua e crescente, insolita per un romanzo horror, genere nel quale viene spesso scelto un approccio diverso. Probabilmente il suo essere quasi una sorta di unicum all’interno del genere ha spinto M. Night Shyamalan a realizzare un adattamento del libro. Bussano alla Porta è infatti il nuovo film del regista de Il Sesto Senso e che arriva dopo Old (qui la recensione), pellicola che non è stata particolarmente acclamata da pubblico e critica al contrario dei lavori precedenti del cineasta.
Andrew (Jonathan Groff), Eric (Ben Aldridge) e Wen (Kristen Cui) sono una famiglia che ha deciso di passare una vacanza in una baita in una bellissima casa in un bosco. La loro perfetta tranquillità viene interrotta quando Leonard (Dave Bautista) si presenta alla loro porta accompagnato da altre tre persone: i misteriosi individui entreranno in contatto con la famiglia e chiederanno loro qualcosa di impensabile. I tre, infatti, dovranno decidere se sacrificare uno di loro per salvare il mondo intero oppure lasciare che l’umanità vada incontro all’Apocalisse.
Bussano alla porta potrebbe dirsi quasi una prosecuzione naturale all’interno della filmografia di Shyamalan. Il regista ha caratterizzato la sua carriera con film che spaziavano tra il thriller psicologico e l’horror sovrannaturale. Basti pensare a titoli come Il Sesto Senso, The Village o la trilogia composta da Unbreakable, Split e Glass, trittico che portava al cinema la sua particolare visione dei supereroi. Già con Old, però, c’era stata parzialmente una novità, perché per quanto si rimanesse nel campo del sovrannaturale, si trattava di un riadattamento – con rilettura fortemente personale – della graphic novel Castelli di Sabbia. Con Bussano alla porta si prosegue su questo filone, con Shyamalan che continua nell’intenzione di adattare un’opera cartacea, questa volta intervenendo pesantemente e fortemente sulla storia.
La pellicola, infatti, è un buon adattamento in partenza. Chi ha letto il romanzo sicuramente ritroverà le ambientazioni e anche l’atmosfera di suspense crescente che caratterizza il racconto. Quando però decide di virare e di prendere una strada nuova e completamente diversa dalla storia di partenza si registra inevitabilmente un calo della qualità. Bussano alla porta, infatti, regala al pubblico un finale completamente diverso, non solo negli avvenimenti, ma anche – e soprattutto – nelle intenzioni.
Infatti, se il finale del libro – senza fare spoiler – si può definire aperto o comunque permeato da un certo alone di mistero, Shyamalan ha deciso di cambiare totalmente le carte in tavola, dando alla storia e ai suoi pesonaggi un finale chiuso e in qualche modo che possa anche andare a edulcorare alcune situazioni che invece ne La casa alla fine del mondo sono al limite del paradossale. La scelta è stata presa dal regista perché sentiva l’esigenza e la necessità di dare una chiusura ai suoi personaggi, in quanto la sua intenzione era quello di fare un film sulle scelte e sulla loro potenza, come ha detto Shyamalan stesso: “Volevo riscrivere la storia per far sì che ci percorresse il bivio del sì o del no. Volevo che i protagonisti prendessero una decisione, giusta o sbagliata che fosse. Sentivo il bisogno di conoscere il finale della loro storia”.
Proprio in questa parte del film, però, arrivano le criticità, perché il finale non solo risulta meno potente di quello del libro, ma è anche poco nelle corde di Shyamalan. Manca infatti quel plot twist che va a ribaltare la narrazione e il modo in cui il pubblico percepisce e ripensa alla storia vissuta fino a quel momento.
A proposito della storia, appare abbastanza evidente come il tema principale del titolo sia quello della fine del mondo, dell’Apocalisse. La tematica viene catturata ed esposta in un modo molto interessante, perché il destino dell’umanità sembra andare incontro a catastrofi, malattie e pandemie. Tutti eventi extra-ordinari ma che nell’attualità sono diventati quasi all’ordine del giorno: proprio su questa sorta di assuefazione agli eventi negativi si gioca la storia e l’indecisione sul da farsi, perché sembra quasi che i protagonisti vivano l’Apocalisse tutti i giorni.
Parlando delle prove attoriali, spicca la prova di Ben Aldridge nei panni di Eric, che è un po’ il contraltare di tutti i personaggi che invece vengono risucchiati negli eventi mentre lui cerca di restare con i piedi per terra e l’attore è molto bravo nel trasmettere la sua voglia di resistere e di non farsi trascinare dagli eventi. Commovente anche la parte della piccola Kristen Cui, veramente azzeccata nel ruolo di Wen che subito riuscirà a conquistare l’affetto del pubblico. Del resto del cast non si può non sottolineare la prova di Dave Bautista: nonostante l’attore negli anni abbia ricoperto ruoli abbastanza iconici e particolari, come in Guardiani della Galassia o nel più recente Glass Onion – Knives Out (qui la recensione), non aveva mai offerto prove attoriali memorabili. Nel suo primo ruolo drammatico, invece, sembra avere le carte in regola per quello che deve essere il suo personaggio; a detta dello stesso, vorrebbe staccarsi dallo stereotipo dell’attore-wrestler e interpretare ruoli drammatici: con questa performance nei panni di Leonard in Bussano alla porta il suo desiderio non sembra poi così lontano a realizzarsi.
Prima di concludere, occorre spendere qualche parola sulla realizzazione tecnica del film. Il titolo è realizzato come un thriller che si potrebbe definire “d’epoca”, non solo nelle atmosfere ma anche nelle strumentazioni utilizzate. Macchine da presa al giorno d’oggi poco utilizzate e per stessa ammissione del regista anche difficoltose da reperire; obiettivi e lenti particolari che hanno permesso la realizzazione di una fotografia vivida, che unita ai primissimi piani, caratterizza il film. Insomma, Shyamalan si è divertito questa volta a giocare con le caratteristiche del genere horror, in particolare con quelle dei film definibili home invasion. Ci sono tutti gli stilemi: una casa nel bosco, stranieri che arrivano all’improvviso e la situazione che poi crolla improvvisamente. Il tutto però in una versione non canonica.
Con Bussano alla Porta, dunque, M. Night Shyamalan torna a parlare della fine del mondo, tema già trattato in E venne il giorno. Questa volta, all’inconsapevolezza e all’impossibilità di controllo di quel film, contrappone il potere della scelta e il doversi assumere le proprie responsabilità. Ne nasce un film sicuramente interessante – narrativamente e dal punto di vista tecnico – che però crolla su sé stesso quando il racconto si distanzia dal libro originale per prendere una piega che però non risulta pienamente soddisfacente. Bussano alla Porta potrebbe deludere gli amanti del romanzo ma anche con chi non ha letto la controparte cartacea sarà arduo mantenere le aspettative, perché il tutto si risolve in una maniera purtroppo lontana dalle corde del regista.
Bussano alla porta è ora disponibile al cinema. Di seguito il trailer ufficiale del film: